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Una certa sinistra ricicla P. E. Balducci: "E io vi dico che la famiglia cristiana non esiste".  Così titola oggi un articolo dell'Unità. Premesso che P. Balducci non è il magistero della Chiesa ma un confratello sacerdote per cui pregare, visto che, qualche stupidaggine ne ha detta. Si aggiunga inoltre che il suo intervento va contestualizzato nel clima dei fine anni 70.
Beh! Dunque, che c'azzecca questo titolo, oggi, per il noto giornale di sinistra?

Secondo l'Unità è un modo per stimolare visioni alternative di famiglia senza "purgare le voci alternative nella Chiesa".
Tuttavia l'Unità dimentica che il vangelo è più grande delle opinioni di qualche laico o sacerdote che nel corso della storia ha il "prurito" di fare il "fighetto" e il protagonista.

Pertanto non c'è nessun potere occulto che nasconde le voci dissidenti. Semplicemente le voci dissidenti non hanno più senso quando ci si dimentica il vangelo di Cristo e si persegue le proprie idee ed ideologie. Le voci dissidenti, spesso, dunque, muoiono da sé. Spesso sono figlie di una nostalgia sessantottina ormai datata. Di una voglia di "fare rumore per il rumore" che non serve nessuno anzi danneggia ogni vera riforma. Infatti dietro l'accusa alla mentalità borghese di Balducci e degli uomini del suo tempo si nasconde in realtà una visione altrettanto borghese di coloro che fanno i dissidenti e gli "alternativi".

Insomma nessuno che pensa seriamente alla propria conversione personale, all'umiltà, al senso di appartenenza ecclesiale. I preti che facevano i fighetti contro la famiglia borghese erano loro stessi, spesso, i primi borghesi che vivevano condizioni di privilegio e che forse avrebbero fatto meglio a scegliere una via "familiare" che di "celibato" per capire di cosa stavano parlando e le fatiche vere a cui la famiglia era e soprattutto è "pressata" oggi da ogni dove. Con questo non sosteniamo che il sacerdote non debba parlare, aiutare e criticare la famiglia. Anzi. Ma lo faccia alla luce del Vangelo e non delle sue categorie sociologiche e politiche.
C'è il sospetto infatti, non troppo lontano, che dietro alcuni laici e preti di questo stampo ci sia un forte problema vocazionale.
Insomma non hanno centrato a livello affettivo il proprio cammino. Poco importa se siano colti o dotti. Appare chiaro che più che servire Dio vogliono piegare Dio alle loro ideologie ed idee.
La scomunica, quando c'è, in questi casi, come atto formale, è il male minore. Già loro, con l'orientamento del loro cuore, si sono scomunicati. Cioè hanno spezzato il senso amoroso di appartenenza ecclesiale e quindi con Cristo.

Sia i laici che i preti stanno imparando, piuttosto, che quel Magistero tanto contestato in realtà negli anni 70 è l'unico serio legame al Vangelo di Gesù e all'antropologia preziosa che Cristo ha consegnato e confermato nella storia umana.

Ogni altra visione non solo è satanica ma prima ancora è fallimentare perchè rincorre il "proprio ombelico" più che il bene comune ed individuale di ogni persona che, invece, è costante preoccupazione della Chiesa alla luce di Gesù e del Suo Vangelo.

Ma d'altronde la nostalgia è propria dei perdenti, di quelli che si riuniscono al bar o nei salotti per dire "io una volta.. ti ricordi... noi c'eravamo.." 

Il Vangelo e la Chiesa radicata in esso, guarda avanti, sempre.
Con il consenso o senza il consenso, proprio perché è chiamata ad essere fedele a Gesù e al Suo Vangelo. Tout court. 

Dei sessantottini di quel tempo la maggior parte si sono super-imborghesiti, impantofolati oppure vivono situazioni economiche privilegiate. Chi ne ha nostalgia è solo l'Unità che, evidentemente, è incapace di imparare dai propri fallimenti storici, sociologici ed ideologici.  Ma il lupo perde il pelo ma non il vizio. E qui proprio di "lupo", evangelicamente parlando, si tratta.