no_dicoDa Libertà on Line - Gianni Cuminetti. Raccontano le cronache che il ministro Rosy Bindi, intervistato a Nuova Delhi a proposito della discussa proposta di legge sui "Dico", ha dichiarato: "Amo pensare alla Chiesa che si occupa delle cose di Dio". E' di questi giorni, anche, l'appello alla Cei di un gruppo di intellettuali cattolici ("Vescovi, sui Dico fermatevi"). Ho già avuto occasione di far conoscere come la penso in proposito. Ritengo comunque opportuna qualche ulteriore puntualizzazione. La prima. Esprimere il proprio punto di vista ufficiale su tematiche eticamente sensibili che toccano l'essenza del vivere è dovere (prima ancora che diritto) della Chiesa. Rappresenta, semmai, un atteggiamento illiberale la pretesa di negarle il diritto di parola.
La seconda. La Chiesa si rivolge, essenzialmente, ai propri interlocutori naturali e, cioè, ai cattolici illuminandoli sulla retta via da seguire. Non è possibile (nemmeno dovrebbe essere concepibile) per un credente fare coscientemente scelte contrarie alla fede che professa. Un cattolico che si rispetti, quindi, non può (non dovrebbe) operare "come se" fosse ateo o agnostico. La fede non è un optional e la si testimonia con atti concreti vivendola ogni giorno. Se una legge è contraria alla morale cattolica un parlamentare che si professi credente non la dovrebbe votare (anziché firmare manifesti per convincere altri a farlo).
Richiamarsi alla laicità dello stato è fuor di luogo nello specifico (è stato Gesù, fra l'altro, ad insegnare il precetto del "dare a Cesare quel che è di Cesare") anche perché sono in gioco valori che attengono alla sfera confessionale non meno che a quella laica. Semplicemente non è consentito ad un cattolico (autentico) avere una doppia morale a seconda che agisca nel "pubblico" o nel "privato". E' una questione, come ho già avuto altre volte occasione di dire, non di integralismo, ma di coerenza (ed è una questione di coscienza personale). Quando Rosy Bindi invita la Chiesa ad "occuparsi delle cose di Dio" sbaglia quindi due volte: innanzi tutto, perché la vita è "cosa di Dio" e i problemi di coppia - basta pensare ai figli - sono l'essenza della vita (per un credente, poi, il matrimonio è anche un sacramento); in secondo luogo perché non può dichiararsi cattolica (anzi, cattolicissima) e comportarsi come se non lo fosse.
La terza. E' una grossolana bugia (alimentata da trasparenti rigurgiti anticlericali) che la Chiesa voglia "invadere" un terreno che non le appartiene con la pretesa di "imporre" la sua visione del mondo a chi ha altri interessi. Spiace, ovviamente, alla Chiesa assistere alla secolarizzazione sempre più invasiva che è sotto agli occhi di tutti. Il bene particolare fondato sull'individualismo ed il relativismo etico sta cercando infatti di imporsi ad una visione del vivere che guarda più lontano (e più in alto) e ciò non può non turbare chi fonda il proprio magistero su valori di ben diverso spessore. Ciò premesso, l'attenzione ad alcune particolari esigenze ed il riconoscimento di specifici diritti a chi ha deciso di vivere in unioni di fatto non vede la Chiesa schierata su posizioni aprioristicamente contrarie. Una cosa però è la tutela dei singoli ed un'altra, ben diversa, è la istituzionalizzazione di una nuova forma di "coppia" (poco conta se eterosessuale od omosessuale) surrogato della famiglia tradizionale e generativa di diritti veri ai quali si accompagnano doveri solo virtuali (lasciando il problema dei figli al buon cuore e alla buona volontà degli interessati).
L'ultima. Perché istituire un ministero di nuovo conio (quello della Famiglia) ed anziché aiutare e sostenere con provvidenze ad hoc questa imprescindibile forma di organizzazione sociale dedicare ogni cura a sgretolarne le basi? Se si crede nella famiglia (come ci credevano i padri della Costituzione in prevalenza laici) perché agevolare la crescita di forme spurie di aggregazione che scimiottando la famiglia ne sono palesemente antagoniste? Ed ancora: perché non tener conto dei valori espressi da una tradizione secolare mortificando lo spirito cristiano profondamente sentito (checché se ne dica) da larga parte del popolo italiano? La verità è che molta gente si vergogna di quello in cui crede o dice di credere (forse perché fa tendenza e certamente fa più comodo trattare con distaccata sufficienza i problemi dell'anima).
E' questa sostanziale diserzione da parte di tanti sedicenti cattolici che più ferisce. Capisco chi, credendo solo in questa vita, ricerchi il massimo di soddisfazione col minimo impegno e possa conseguentemente plaudire alla zapaterizzazione strisciante che è in atto nel nostro paese.
Capisco meno (molto meno) le persone che si professano credenti e manifestano un trasparente fastidio ai richiami del Pontefice prestando per contro orecchio attento alle istanze portate avanti da formazioni e movimenti che fanno del loro anticlericalismo una bandiera. Parlando di certi cattolici irresistibilmente attratti da sirene di chiara colorazione politica il cardinale Ottaviani li aveva una volta definiti "pesci rossi nell'acqua santa". E' triste constatare che ci sono sempre più pesci rossi e sempre meno acqua santa.