Domenico Bonvegna

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Ho visto tante immagini e letto tanti commenti sulla manifestazione degli indignados a Roma del 15 ottobre scorso. Provo a fare qualche riflessione (consapevole di non evadere l’argomento) aiutandomi come al solito con qualche intervento interessante pubblicato. Intanto mi sembra un film già visto a Genova nel 2001, il 14 dicembre scorso nella stessa capitale, quando gli stessi personaggi di sabato scorso hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma per protestare contro il governo Berlusconi. In quell’occasione scrivevo un mio intervento dando il titolo: “I soliti ragazzacci che si divertono come nei formidabili anni del 68”. Adesso per la cosiddetta manifestazione degli indignati, si rischia di fare gli stessi commenti di allora, il clima politico è sempre lo stesso, anzi è peggiorato , la crisi economica si fa sentire anche da noi.

Parto dall’ultimo servizio letto, quello di Fabrizio Rondolino, altro che indignati sono solo bamboccioni, apparso su Il Giornale del 18.10.11, il giornalista considera i giovani manifestanti addirittura un movimento democristiano che chiede un benessere garantito uguale a quello dei padri e conclude: Gli «indignati» non dovrebbero manifestare sotto le banche, ma sotto i ministeri, le Regioni, le Asl e le altre migliaia di enti impegnati nella produzione di regolamenti farraginosi e debito pubblico fuori controllo. Sta qui il nostro buco nero: e i bamboccioni, purtroppo per l’Italia, sono parte del problema”. Anche se Marcello Veneziani sullo stesso giornale cerca di raddrizzare il tiro scrivendo che ci sono “quelli che non s’indignano ma partono”: sono i giovani del Sud, che stanno scappando, si tratta di una vera ecatombe, un terremoto invisibile, che sta spopolando i paesi del Sud. Ho cominciato dall’articolo di Rondolino perché recentemente mi sono occupato delle varie caste e castine presenti nel nostro Paese, sono fortemente convinto che per ripianare il debito pubblico basterebbe “tagliare” qui per risolvere molti dei nostri problemi. Infine sarebbe opportuno che il governo Berlusconi in questi mesi che gli rimangono, accolga l’invito di Giuliano Ferrara a vendere una parte del patrimonio immobiliare che lo Stato italiano possiede (caserme, palazzi etc).

Ritorniamo agli incidenti di sabato, qualche migliaio di giovani, che per comodità giornalistica vengono chiamati Black Block, hanno distrutto la città, e giustamente Giuliano Cazzola, parla di vero e proprio “sacco di Roma”, e citando Stefano Folli da Il Sole 24Ore ,denuncia le inaccettabili ambiguità del movimento degli indignati. “Ma siamo sicuri – ha scritto Folli – che non esista una zona grigia piuttosto ampia di persone che hanno deciso di stare ‘né con lo Stato né con i black bloc’. Persone che non sanno o non vogliono distinguere le loro responsabilità da quelle dei guerriglieri prima degli incidenti e non dopo, quando è obbligatorio ed anche facile”. E polemicamente riporta il commento di un esponente del Pd come Stefano Fassina, che sabato era in piazza e chiede di“ prestare attenzione a quella domanda sociale è il modo più efficace per arginare la violenza. Solo andando incontro alle loro richieste si evitano scontri futuri”. Cazzola si chiede che cosa farà l’esponente piddino, Se nella prossima legislatura la sinistra dovesse vincere le elezioni potrebbe avere incarichi di governo importanti. Ebbene, come farebbe il neo ministro Fassina ad ascoltare la domanda sociale  proveniente da quella piazza? Forse comincerebbe a sospenderebbe i lavori della Tav in Val di Susa estraniando il Paese dalle nuove vie del traffico continentale?

Anche Cazzola critica il “movimento” che dà la colpa della crisi economica alle banche, come se fossero delle Spectre intriganti e criminali. E conclude: “I black bloc non sono dei marziani venuti da un mondo lontano; sono parte integrante di questo ‘movimento’ che è poi la trasformazione di altri ‘movimenti’.” (Giuliano Cazzola, Il “sacco di Roma è solo la punta dell’iceberg di una politica dell’odio, 17.10.11 loccidentale.it).

Un’ottima analisi sociologica sugli indignados mi sembra quella fatta il 17.10.11 da Tommaso Scandroglio su Labussolaquotidiana.it, che stigmatizza le varie espressioni dei giornali che tutti concordemente fanno distinguo, discernono e generalizzano, “ è una musica già sentita: c’è qualcuno che manifesta ed altri che si danno alla devastazione di blindati delle forze dell’ordine, di auto, di vetrine di negozi, di banche, di Mc Donalds (un controsenso: è l’unico luogo sulla terra in cui con meno di 7 euro anche il barbone di strada può mangiare, alla faccia di chi lotta per i poveri), di statue della Madonna (è accaduto sabato), infierendo su zigomi, teste e omeri di carabinieri e polizia”. Si è pronti a “sostenere che quelli incappucciati e vestiti di nero nulla hanno a che fare con chi manifesta pacificamente e che come Dio alla fine dei tempi occorre separare le pecore dalle capre. Guai perciò a puntare il dito sui miti indignati, a loro nessun addebito può essere mosso per le riprovevoli azioni degli eversivi casco-muniti. L’obiezione però non regge”.

A questo punto il notista de La bussolaquotidiana fa un paragone interessante tra le manifestazioni di questa gente vestita di nero incline alla distruzione di massa urbana e quelle cattoliche, tipo il family day: i primi manifestano contro, i secondi per. La natura delle manifestazioni di protesta è “di suo avversativa, antagonista, dialettica. Quindi per nulla pacifica, cioè non orientata alla neutralizzazione dei conflitti, alla composizione delle differenze. Anzi laddove c’è uno squilibrio di qualsiasi genere – sociale, economico, politico, sessuale – si soffia sul fuoco e si esaspera lo scarto che fa la diversità”. Mentre la natura delle manifestazioni cattoliche è difensiva:“della vita, della pace, della famiglia, dell’educazione, etc. Si va in piazza al fine di chiedere la tutela di soggetti o realtà deboli. Inoltre è propositiva, offre soluzioni e idee”. Giusto nelle stesse ore in cui circa 2mila giovani mettevano a ferro e fuoco la capitale, qualche altro migliaio di giovani, nella stessa capitale, si trovava a poca distanza per rispondere all’appello per una nuova evangelizzazione: facendo festa, ascoltando testimonianze di religiosi e laici e infine accogliendo con un grandissimo calore le parole del papa Benedetto XVI.

Sarebbe interessante conoscere le opere di volontariato nate nel mondo no global, mentre in quello cattolico sono innumerevoli; difficilmente gli indignados sono anche “impegnados”. Scandroglio è convinto che “i Black bloc non sono patologia di queste manifestazioni ma espressione fisiologica di esse, sono la quintessenza dell’indignazione, sono indignados al 100%, sono la personificazione dei pugni levati dei loro colleghi che senza mezze da baseball stanno sfilando nella via accanto”. E’ normale dunque che queste manifestazioni indignate sfoceranno nella violenza: conseguenza naturale dello spirito di chi protesta senza l’intenzione di sfasciare nulla.
Perciò
- continua Scandroglio - all’obiezione che i Black bloc non fanno parte del corteo pacifico degli indignados, occorre rispondere che questi agitatori e picchiatori di strada non sono fenomeno eventuale, accidentale nei cortei “pacifici” di protesta, sono elemento ineludibile per i motivi appena visti. Quindi laddove ci sarà un corteo di protesta ci saranno sempre loro, perché è il loro habitat ideale.

Ciò dovrebbe far un poco riflettere in merito all’opportunità di accordare sempre e senza riserva alcuna i permessi di manifestazione a questi tipi di cortei. E’ un po’ come permettere il varco della dogana al sig. Rossi affetto da un virus pericoloso. Nessuno si sognerebbe mai di dire che il sig. Rossi è sano e sono solo i virus ad essere pericolosi. La presenza dell’uno comporta la contestuale presenza dell’altro. E’ impossibile separare i due gruppi, perché il più estremo c’è solo a condizione che ci sia il primo, il più moderato”.

Infine un commento lo meritano i cosiddetti “cattivi maestri”, quelli che prendono le distanze dai violenti e poi magari difendono i centri sociali, luoghi dove spesso regna l’illegalità più completa incubatrice di violenza. “Chi punta il dito sui criminali di ieri e celebra la memoria di Carlo Giuliani (il no global morto durante gli scontri del G8 di Genova mentre cercava di spaccare la testa a un carabiniere con un estintore) è un furbo in malafede. Carlo Giuliani era un delinquente esattamente come quelli visti all’opera a Roma. Dedicargli, come fece Rifondazione comunista, un’aula di Montecitorio (presidente della Camera era Bertinotti) è stato un insulto all’Italia intera. La poesia che a Giuliani ha dedicato Nichi Vendola, possibile candidato premier della sinistra moderata, è stato un invito a tanti giovani a seguirne l’esempio, a spaccare la testa armati di estintore. Contro i cattivi maestri non possiamo fare nulla, chiudere i centri sociali è un diritto- dovere di chi amministra le città e la giustizia. Non bisogna avere paura. Non l’ha avuta Obama, presidente nero e democratico degli Stati Uniti, ad arrestare oltre mille «indignati» turbolenti. Anzi, l’America tutta l’ha solo ringraziato. Proviamoci anche da queste parti”. (Alessandro Sallusti, Sono le culle dei black bloc italiani, ma sindaci progressisti e magistrati li difendono. E' il momento di dire basta. Le bestie di Roma vanno arrestate, 17.10.2011 Il Giornale)



 

Rozzano Mi, 18 Ottobre 2011

S. Luca evangelista.                                                                            DOMENICO BONVEGNA

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