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santoliniFonte Noi Press.
L'intervento sulle politiche familiari contro l'operato del Governo svolto ieri nell'Aula di Montecitario dall' On. Luisa Capitanio Santolini durante il seguito della discussione del disegno di legge: S. 1819 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (Approvato dal Senato) (A.C. 3194-A).

"Signor Presidente, devo dire, con estremo dispiacere, che l'atto Camera n. 3194, così com'è stato approvato dal Senato, rappresenta una drammatica delusione per 22 milioni di famiglie italiane, che ben altro si aspettavano e speravano. Lo dico con la certezza di non essere smentita.
In Parlamento è in uso che la maggioranza debba sempre dire che va tutto bene e che tutto ciò che il Governo e la stessa maggioranza fanno sia giusto, mentre l'opposizione ha il dovere di dire che le cose non vanno e denunciare gli errori. Invece, vorrei, se fosse possibile, spezzare questa logica, chiedendo davvero ai colleghi della maggioranza, a quelli intellettualmente onesti e che ragionano con la loro testa, se sono in grado di darmi ragione sul fatto che questo decreto-legge rappresenti una drammatica delusione per le famiglie.

Cercherò di spiegare perché, augurandomi davvero che ci sia qualcuno che mi dia ragione.
Non mi aspetto, ovviamente, il consenso del sottosegretario presente in quest'aula, ma almeno un tentativo di lettura onesta di quanto sta succedendo nei confronti delle famiglie. Erano decenni che la finanza pubblica non poteva contare su un arricchimento così cospicuo come quello dell'extragettito, o tesoretto che dir si voglia, che assicura alla finanza pubblica una cifra che era impensabile poter raggiungere.
Si parlava del tesoretto già all'inizio di quest'anno e la cifra è andata gradualmente aumentando con il trascorrere delle settimane e dei mesi, fino a raggiungere l'ammontare, molto rilevante, di quasi 15 miliardi di euro, che corrispondono, per chi come me è una persona anziana e ragiona con i vecchi sistemi, a 30 mila miliardi delle vecchie lire, ossia a un'intera manovra finanziaria che questo Governo si trova a gestire.
Non intendo soffermarmi sulle ragioni per cui il Governo si sia trovato a disporre di tale cifra, se per meriti o per demeriti, ma credo sia l'unica volta che è successo nella storia della Repubblica e ritengo, da quanto si legge sui giornali, che non succederà mai più. Questa cifra rappresenta un momento straordinario e uno strumento decisivo per raggiungere gli obiettivi di politica economica che il Governo si era prefissato e per comprendere le logiche che lo guidano.

Questa è l'occasione buona per capire quali siano le priorità del Governo, come ragiona e per conoscere la cultura che lo ispira e gli obiettivi che si pone. Si tratta di una cifra non indifferente (30 mila miliardi delle vecchie lire) sulla quale - bisogna riconoscerlo - si sono avventati tutti. Ognuno ha chiesto risorse da questo tesoretto e ha cercato di dirottare questa somma verso il proprio dicastero, i propri interessi e le proprie clientele.
Riconosco al Governo la difficoltà di gestire tante richieste e tante esigenze diverse e tuttavia il problema delle scelte del Governo è proprio quello che ha creato la delusione di cui parlavo precedentemente. Le scelte sono state compiute contro le famiglie italiane e spero proprio di essere smentita; mi piacerebbe avere torto anche se sono convinta di avere purtroppo regione.

Il 2007 - lo voglio ricordare affinché rimanga agli atti - verrà ricordato da molti addetti ai lavori, come noi, come l'anno della family day e come l'anno della Conferenza nazionale di Firenze voluta dal Ministro Bindi. Si tratta di due appuntamenti cruciali per l'accendersi delle speranze e delle aspettative di tutti i sostenitori del ruolo sociale della famiglia quale nucleo fondamentale della nostra società.
Il popolo del family day, nato in piazza il 12 maggio, aveva chiesto, anche attraverso coloro che si erano avvicendati sul palco per ore davanti a un milione e mezzo di persone, di fare della famiglia una causa nazionale e di stabilire il principio per cui ognuno deve poter avere i figli che vuole, senza che ciò si traduca in un abbassamento del tenore di vita. Non mi sembra che una tale richiesta sia folle o ingiusta.
È noto che in Italia e in Europa il numero dei figli desiderato sia superiore a quello dei figli che effettivamente si hanno e che quasi solamente in Italia chi mette al mondo un figlio diventa più povero; non sono dati miei, ma provengono dalle ultime pubblicazioni della Banca d'Italia, dell'Eurispes, dell'ISTAT.
Vale la pena ricordare che si tratta di una richiesta avanzata da sempre dal forum delle famiglie, che chiede anche politiche strutturali e definitive in grado di permettere alle famiglie di contare su interventi seri e strutturali (credo che ci capiamo su cosa si intende per provvedimenti strutturali). Vale la pena ricordare inoltre che oggi un minore su sette vive sotto la soglia della povertà e che la categoria maggiormente a rischio di povertà sono i giovani e non gli anziani. Gli anziani non sono la categoria più a rischio di povertà se non altro perché sono più tutelati anche se vi sono sacche di povertà e le pensioni minime fanno testo e sappiamo che dobbiamo intervenire al riguardo. Tuttavia, la categoria maggiormente a rischio di povertà secondo i dati della Banca d'Italia è rappresentata dai minori da zero a quindici anni.

Se tutto questo è vero, e se è vero che chi mette al mondo un figlio abbassa il proprio tenore di vita del 30 per cento (ciò è stato affermato nel corso di un convegno tenutosi un paio di anni fa presso l'Accademia dei Lincei, e non mi pare che le condizioni siano da allora molto cambiate) si comprende bene per quale ragione il popolo del family day ha richiesto politiche specifiche per le famiglie.
Ciò significa che si deve trattare, come si usa dire fra gli addetti ai lavori, di politiche distintive e promozionali: distintive nel senso che devono distinguere fra ciò che è famiglia e ciò che famiglia non è; promozionali nel senso che devono promuovere il ruolo della famiglia.
Non si deve dunque trattare semplicemente di politiche sociali, poiché tali politiche non sono adeguate alle famiglie, in quanto rispondono a criteri completamente diversi. Né si deve trattare di politiche che fanno una specie di frittata in ordine alla definizione di famiglia, mescolando ciò che famiglia è e ciò che famiglia non è. Non mi pare che si trattasse di richieste assurde.

In particolare, al family day si chiedeva un accompagnamento al processo di generatività, cioè alla voglia di mettere al mondo i figli, aiutando le famiglie a crescerli dall'asilo alle elementari, con provvedimenti in tema di istruzione e diritto allo studio e in tema di lavoro dei genitori (poiché sappiamo che in Italia la compatibilità fra tempi di lavoro e tempi della famiglia non esiste); con l'introduzione di una flessibilità per la cura che la famiglia ha nei confronti dei soggetti più deboli; e anche con provvedimenti di sostegno al reddito attraverso politiche fiscali e tariffarie ispirate all'equità.
Tutto ciò proprio allo scopo di impedire che chi mette al mondo un figlio oggi in Italia divenga più povero del 30 per cento (con il primo figlio e fino alle scuole medie: ma il dato aumenta al 40 per cento quando i figli crescono). Vogliamo dunque che coloro che mettono al mondo i figli in Italia siano eroi? Non credo proprio.

Quel che si affermava con queste richiese, in sintesi, è che la vera emergenza sociale oggi in Italia è la famiglia. Mentre ai primi del Novecento, infatti, la grande lotta era sul lavoro, quindi sui sistemi di lavoro e sfruttamento (di qui le grandi encicliche e le prese di posizione di quell'epoca per evitare che la società industriale producesse diseguaglianze profonde e che i lavoratori venissero sfruttati malamente), e si trattò di una battaglia sacrosanta, oggi invece l'emergenza sociale sotto gli occhi di tutti si chiama famiglia. Il nostro welfare va ricentrato sulle esigenze della famiglia: il fatto di centrare le politiche familiari ed il welfare sulla famiglia deve avvenire che ad essa si creda o meno. Perché se andiamo a leggere le dichiarazioni che politici ed esponenti istituzionali fanno sulla famiglia, si potrebbe pensare che ad essa si creda: nei fatti, invece, questo Governo non ci crede.

Spostiamoci dunque dal family day alla conferenza di Firenze. Il Ministro Bindi ha adoperato parte dei soldi che le erano stati concessi con la legge finanziaria - poiché una cifra non eccelsa, ma riguardevole, era stata pur attribuita al suo Ministero, anche se dopo un po' di polemiche - per organizzare tale conferenza. Nessuno ha obiettato ad un simile investimento e si badi che lo chiamo «investimento», non «spesa», e tengo a sottolinearlo.
In quell'occasione, il ministro Bindi fece sfilare praticamente tutti i membri del Governo: all'apertura, vi fu infatti una platea di altissimo livello, con tutti i rappresentanti del Governo (c'erano tutti!); alla fine della conferenza, poi, chi ne ha chiuso i lavori è stato il Presidente del Consiglio, Romano Prodi (facciamo nomi e cognomi!). Cosa è risultato dalla Conferenza di Firenze? Il Ministro Bindi affermò che: «Più della metà del tesoretto va destinata alle famiglie». E Romano Prodi rispose: «Lo prometto. I due terzi del tesoretto andranno agli anziani e alle famiglie numerose».
Credo che i commenti siano superflui. Dire che il Governo stia tradendo le famiglie italiane è un'affermazione troppo forte o no? A dire il vero, l'unico che prese le distanze da questa entusiastica adesione alle politiche familiari del Ministro Bindi e di Romano Prodi fu il Ministro Padoa Schioppa che, con molta onestà intellettuale - glielo devo riconoscere - disse di non essere d'accordo, perché i soldi del tesoretto erano necessari per abbattere il debito pubblico. Abbattendo il debito, infatti, si sarebbe indirettamente portata avanti una politica familiare, perché i nostri figli avrebbero avuto un debito minore da pagare e, quindi, in qualche modo, una facilitazione fiscale.

Ritengo che tale ragionamento non funzioni, perché le politiche familiari devono essere rivolte alle famiglie e non, per interposta persona, alle future generazioni. Tuttavia, poiché il debito esiste e pesa, avevamo ritenuto che andasse comunque bene, poiché se tale cifra abbatteva effettivamente il debito, i nostri figli avrebbero avuto un carico di debito inferiore da rispettare.
Non si tratta, comunque, di politiche familiari; le famiglie non percepiranno una lira e continueranno a rimanere povere se mettono al mondo un figlio, ma, comunque, in futuro e in prospettiva, si può immaginare un abbattimento del debito.
Il Ministro Padoa Schioppa fu contestato, ma neanche tanto. Vorrei aggiungere che, a maggio, quando il Ministro Bindi organizzò questa benedetta Conferenza di Firenze, il tesoretto non ammontava a 14 miliardi di euro, ma a molto meno: allora si attestava intorno ad una cifra di 4 miliardi di euro.
Pertanto, impegnare due terzi del tesoretto per le famiglie era molto più impegnativo e complicato rispetto ad oggi, considerato che i soldi sono molti di più. Dal momento, ora vi sono più soldi a disposizione e, pertanto, a rigore di logica, sembrerebbe più facile investirli per le famiglie: una cosa è impegnare due terzi dei soldi per le famiglie quando sono pochi. Dovrebbe essere più facile quando sono molti mantenere quella stessa cifra (è evidente che ci si riferiva ai soldi che erano disponibili in quel momento).
Pertanto, le attese - per questo motivo ho premesso che si è trattato di un loro tradimento - erano molte sia, lo ripeto, per gli sforzi di un laicato cattolico che si è mobilitato per difendere le famiglie, sia per un Governo che si era espresso in questo modo. Cosa è accaduto? Che il tesoretto si è disperso in una serie di meandri che con le politiche familiari non hanno assolutamente nulla a che vedere.

Quando affermo ciò - giustamente si discute di questi argomenti - mi si risponde che esiste una misura, cioè quella a favore degli incapienti. A tale proposito, è necessario chiarire la questione, perché in questa sede l'ho ripetuto più volte, ma forse repetita iuvant. È necessario sottolineare con forza che la misura a favore degli incapienti - il collega Di Virgilio ha ripercorso tutta la storia della vicenda relativa ad essi - è una tantum.
Ciò significa che non è una misura strutturale e che ci stiamo prendendo in giro. Ricordo - allora non ero in Parlamento e, quindi, anch'io criticai quella misura - i famosi mille euro previsti dal Ministro Maroni per chi nasceva in quell'anno.
Si trattava di mille euro a carattere universale - era, quindi, una misura che valeva per tutti, senza limiti di reddito - ed erano mille euro di «bonus bebè» (così fu chiamato) per i bambini che nascevano quell'anno. Mi ricordo la grande polemica sollevata soprattutto dall'allora opposizione (era una giusta polemica). Si trattava di una misura priva di significato: essa, infatti, non aveva carattere strutturale, in quanto a chi fosse nato il primo gennaio dell'anno successivo, non sarebbero stati riconosciuti quei benedetti mille euro, che pure qualcosa erano! La misura fu, dunque, criticata da tutti - anche da chi non sedeva in quest'aula - e fu criticata giustamente, perché non era una misura strutturale!

Per quanto riguarda la misura a favore degli incapienti, il discorso è lo stesso, con la differenza che si tratta di una misura ridicola in termini di cifre. Il collega ha ricordato che sono 41 centesimi di euro al giorno: una cifra che, veramente, costituisce una sorta di presa in giro anche degli incapienti.
Vorrei ricordare che si tratta di una misura che si rivolge, per definizione, alle persone povere, ossia a coloro che, non pagando le tasse, non hanno alcun vantaggio fiscale. Questo è il suo obiettivo. Pertanto, essendo rivolta alle fasce povere, è una misura di lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Si tratta, quindi, di una misura giusta, doverosa e assolutamente necessaria - a parte la ridicola cifra messa in campo - ma non mi si venga a dire che è una misura di politica familiare, perché non lo è! Le politiche familiari, per definizione, danno una mano a chi ha figli (e fanno la differenza tra chi li ha e chi non li ha) e, soprattutto, sono rivolte a tutte le famiglie, non solamente ad alcune, in quanto povere e bisognose.
Inoltre, trattandosi di una misura di questo genere, ho l'impressione (e presenterò un'interrogazione al riguardo, non appena tale previsione verrà approvata e quando il Governo potrà fornirci delle cifre) e sono sicurissima che essa sarà distribuita essenzialmente ai pensionati e ai single: in altre parole, sono assolutamente sicura che le famiglie non vedranno questi soldi!

Pertanto, non mi si venga a dire che si tratta di una misura rivolta alle famiglie e aggiungo che, da quello che si legge sui giornali (io poi non so, ma è quello che si vocifera), il Governo ha intenzione di abbassare a 150 euro, la cifra che fu portata a 300 euro dal famoso emendamento presentato da Fernando Rossi e approvato al Senato. Pertanto, se questo è vero, il famoso bonus incapienti di 300 euro - aumentati con il citato emendamento - torneranno ad essere 150. Non so se ciò sia vero, sono voci e, quindi, staremo a vedere, tuttavia desidero denunciare, in questa sede, l'assoluta incapacità del Governo di affrontare, in maniera seria, questi problemi che sono anche drammatici.
Lo stesso senatore Ripamonti dichiarò che questa era un'iniziativa abbastanza rozza (e tale definizione proviene da persone che non fanno parte dell'opposizione). Pertanto, l'impressione è che - sia nella versione originaria, sia in quella corretta, sia nella misura definitiva che si avrà - si tratta, comunque, di misure che sembrano molto più spot elettorali ed hanno poca sostanza nei confronti delle famiglie. Per quel che riguarda i famosi depositi dormienti, vorrei ricordare che, su questi ultimi - come sempre avviene, quando si vede qualche soldino - ci si sono avventati sopra in moltissimi, per cercare di ottenerli. Non so cosa succederà a proposito di questi depositi dormienti, tuttavia, per affrontare questa misura si ricorre ai depositi dormienti e, quindi, non si va ad intaccare in maniera seria, in questo decreto-legge, i famosi 14 miliardi di euro di cui si parlava in precedenza.

Non possiamo, quindi, affermare che questa sia una misura di politica familiare, ed è l'unica. Ricordo che nel disegno di legge finanziaria (non è questa la sede per discuterne, ne parleremo quando tratteremo il provvedimento) esiste una proposta relativa all'ICI. Si potrebbe trattare di una misura a favore delle famiglie e sono consapevole che tale misura esiste, anche se nel disegno di legge finanziaria che non è al nostro esame, per cui se ne parlerà al momento opportuno.
Ricordo anche al sottosegretario - che ringrazio per l'ascolto: può prendere nota di questa mia obiezione - che l'ICI dovrebbe essere calcolata in base ai carichi familiari. Occorre cioè calcolare l'ICI in base al numero degli abitanti di una casa in quanto cento metri quadrati in cui abita una sola persona - che in tale spazio sta bene e gode di un certo privilegio - non possono essere paragonati a cento metri quadrati in cui vivono cinque persone. Esse infatti stanno molto peggio in quanto hanno a disposizione venti metri quadrati ciascuno - al di sotto della soglia del minimo vitale per vivere dignitosamente - e quindi, avendo a disposizione cento metri quadrati in cinque, non dovrebbero pagare l'ICI. Occorrerebbe, pertanto, parametrare l'entità dell'ICI ai carichi familiari: in tal modo anticipo un'obiezione che avanzerò quando discuteremo del disegno di legge finanziaria in questo ramo del Parlamento.
Il problema è che il Governo non sta mettendo in campo delle reali politiche familiari e le misure prese per l'extragettito - quello di cui stiamo parlando - sono la cifra della cultura errata esistente alla base di queste scelte.
È chiaro che se esiste una lettura ed una cultura sbagliata nei confronti della famiglia anche le misure ne subiscono le conseguenze, ovviamente sbagliate anch'esse, a cascata.

I criteri con cui si mettono in campo le politiche familiari sono decisivi e sono molto delusa, non solo dalle misure che sono state presentate in questo decreto-legge, ma anche dalla polemica che il ministro Bindi ha voluto scatenare, in questi ultimi giorni, a proposito di un rapporto presentato a Milano dal Centro internazionale studi famiglia, un centro molto noto, in cui lavorano professori universitari di altissimo livello - né di destra né di sinistra - diretti dal professor Donati, uno dei massimi esperti europei, se non mondiali, sulla famiglia.Esistono, quindi, tutti i presupposti perché questo decimo rapporto sulla famiglia possa diventare veramente un punto di riferimento e una bussola per un Governo che voglia fare politiche familiari.
Il Ministro Bindi ha, invece, deciso di innescare una disputa ideologica assolutamente fuori luogo perché quanto scritto in quel rapporto non è un manifesto ideologico, ma semplicemente l'analisi scientifica di ciò che succede in Italia.
Secondo tale rapporto il 93 per cento degli italiani sostiene che gli affetti familiari sono il primo valore della loro vita e che il vincolo stabile tra un uomo e una donna in presenza di figli produce beni sociali in misura molto maggiore rispetto ad ogni altra forma di legame.

Ci sono, poi, due economisti, Bruni e Stanca - che non sono dei vescovi, ma solo degli studiosi - che sostengono che il matrimonio ha un effetto positivo sul benessere individuale. Potrei allungare il discorso con tutti i dati forniti da questo rapporto, per esempio, quello relativo al fatto che il 76 per cento degli italiani non è d'accordo con l'opinione che si tratti di un'istituzione sorpassata: tempo fa era il 73 per cento, quindi è aumentato il numero di quelli che ritengono che il matrimonio ha un importante valore sociale.
E non è vero, come sostengono molti in quest'Aula, e mi dispiace che lo sostenga anche il Ministro Bindi, che la famiglia è luogo di solidarietà e di affetto. Sarà anche così, ma non è sufficiente dire che l'affetto e l'aiuto reciproco siano quelli che stabiliscono il valore di una famiglia.
La famiglia viene definita dagli impegni che assume davanti alla collettività e dall'impegno reciproco che due persone si assumono l'una davanti all'altra. Le obbligazioni che la famiglia si assume nella società e reciprocamente come coniugi determinano la definizione di famiglia.
Bisognerebbe avere il coraggio di affermarlo, proprio per il bene delle famiglie italiane, e, invece, non si riconosce che oggi chi si sposa è oberato da rischi, oneri ed incombenze, ben più pesanti di Concludo, Presidente. E non vale quello che dice il Ministro Bindi, per cui, allora, non bisogna dare gli asili nido ai figli nati fuori dal matrimonio bisogna chiedere il certificato di matrimonio se si fa dell'assistenza domiciliare.
Non diciamo stupidaggini! Nessuno chiede una cosa di questo genere, è ovvio. Si tratta solo di distinguere tra chi ha famiglia e chi non è famiglia: l'unica cosa che ha fatto il Governo, da quando è in carica, è la proposta sui Dico, invece di procedere verso l'adozione di concrete politiche familiari.

Concludo dicendo che i sindacati occupano le piazze in continuazione, ma non per questo non vengono presi provvedimenti. Il Ministro Bindi non può dire che, siccome c'è stato il family day, il Governo si preclude ogni possibilità di intervento sulla famiglia, perché non ci sono piazze ideologiche e piazze, invece, legittimate e corrette.
Per questo, mi aspetto dal Ministro Bindi uno scatto di orgoglio e se non è in grado di garantire politiche familiari serie si può anche dimettere, perché è quello che è stato detto al Ministro Amato l'altro giorno a proposito della sicurezza".