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demonio-mascheraLa 194 una legge ingiusta e incostituzionale. 
A sostegno della tesi della legge 194 si sono sempre presi casi estremi riguardanti la donna, tipo lo stupro, le malformazioni del feto o il pericolo per la vita della donna stessa. Ma la legge 194 ha risposto correttamente a queste esigenze? Ha fatto veramente gli interessi della donna? Ha difeso in maniera liberale e costituzionale il più debole? A leggere attentamente le statistiche e la mentalità comune a noi pare proprio di no; infatti tale legge si poggia su a-priori antropologici e costituzionali errati.

La donna, secondo tale legge, si pone come soggetto assoluto e prioritario davanti alla vita nascente assumendo diritti giuridici, antropologici e ontologici superiori ad un altro essere vivente.

Tale visione non solo è incostituzionale e illiberale ma risponde ad una cultura di morte legittimata giuridicamente.

Tra l'altro la 194 vieta l'uso anticoncezionale dell'aborto mentre la maggior parte delle situazioni si sono mosse in questa direzione.
La legge ha così tradito la cultura della vita sostenendo una visione edonistica e superficiale della società.
Una vera e propria fuga dall'impegno soggettivo e collettivo nella difesa della vita. Dietro il "diritto della donna" c'è la falsificazione del criterio diritto-dovere per cui si pensa che l'embrione sia un "oggetto" di cui poter disporre secondo le proprie esigenze esistenziali.
La ricerca scientifica ha dimostrato la totale autonomia del potenziale unico e vitale dell'embrione il quale è altro dalla madre anche se strettamente legato ad essa per le esigenze di sviluppo. L'embrione, infatti, si comporta come un grande orchestratore di se stesso. La donna difendendo il suo diritto e non difendendo il diritto del più debole, anche nelle situazioni estreme di cui sopra, si comporta in maniera più o meno consapevole con scelte illiberali, omicide e manipolatorie.

Sembra quasi che la donna voglia assomigliare a l'uomo-maschio nei suoi tratti peggiori, superficiali e irresponsabili.
Così facendo la donna perde se stessa e la sua prerogativa di essere custode di un dono, magari non voluto, ma sempre un dono da ricevere e da donare al mondo.

La maggior parte delle donne che abortiscono portano delle ferite esistenziali che toccano ed incidono nella loro psicologia profonda in maniera definitiva, anche se l'informazione giornalistica e di rotocalco vuole minimizzare (a scapito della donna stessa) questi effetti devastanti.

Anche le donne self-made, le femministe incallite, sotto-sotto; scava scava, portano un indurimento davanti al fatto terribile e delittuoso dell'aborto.
Il santo Padre ha invitato a piena comprensione verso queste situazioni, soprattutto verso le sorelle motivate al pentimento, ma non a tacere la verità che l'aborto è un omicidio, sempre e comunque.
La 194 stravolgendo non solo la costituzione ma il buon senso legittima giuridicamente una cultura di morte non solo per la situazione specifica ma anche a livello collettivo.
Anche se da un punto di vista etico la situazione imminente di un aborto è più probante, probabilmente dal punto di vista dei "tempi lunghi" e dell'autocoscienza civile la dimensione collettiva è devastante.
 E di fatto è stata devastante. A più livelli. Verso la donna, verso la vita nascente, verso le famiglie, verso la cultura della vita.
A livello civile si è legittimata l'inciviltà con la copertura dell'escamotage verso situazioni estreme. Tuttavia il danno civile, educativo e auto-educativo che se n'è avuto è infinitamente più devastante di ogni terribile aborto clandestino.
Per sconfiggere la morte, la paura, l'ignoranza e il vilipendio della donna lo stato ha legittimato l'omicidio, pianificato ed una cultura femminista che è tutt'altro che femminile. Anzi è l'anticamera del degrado della donna e della sua coscienza e della percezione di sé stessa.
Lo stato ha perso contro la vita. Lo stato ha danneggiato la donna con la "buona intenzione" di difenderla.
Questo è il capolavoro dello sberleffo.
Ogni giorno che passa la 194 è segno della sconfitta civile dello stato sul piano della cultura della vita.
Non vogliamo dare con questo un giudizio di linguaggio politico sulla legge ma vogliamo ribadire che va accresciuta la cultura e la fantasia creativa sulla vita per non legittimare una legge sbagliata sin dal principio e nella sua continua attuazione.
Non solo dal lato della morale naturale ma anche dal punto di vista cattolico e prima ancora cristiano la legge è insostenibile proprio perché chiude l'apertura alla vita sin dal seno materno. Il cristianesimo e il Vangelo prima di riconoscere Gesù come uomo e come bambino lo riconosce come embrione (Lc. 1,38.44).

Anche tutti gli abortisti sono stati embrioni; R. Reagan diceva ironicamente "tutti gli abortisti sono già nati". Pertanto chi teorizza l'aborto in ogni sua forma (da quello procurato alla pillola del giorno dopo) non può dirsi cristiano. Non è un problema solo di scomunica (vd qui & CdC can 1938) ma di deviazione profonda dei fondamenti, dell'amore-dono che stanno alla base del Vangelo.
Ecco perché l'aborto non può essere teorizzato e difeso e nello stesso tempo dirsi in coscienza e oggettivamente cristiani.

E' questione di coerenza.

Il crollo dell'Ethos sociale e democratico è dato proprio dal fatto che alcune donne, inconsapevoli di sé stesse e stordite dalla falsa informazione e dai propri interessi, sostengono a piè pari di avere il diritto di abortire. Questa non è solo una sconfitta liberale, sociale, etica ma anche antropologica. Proprio la donna che potrebbe essere segno del dono verso un alterità si pone come strumento di morte e non accoglienza della vita. L'aborto giuridicamente giustificato è il segno del declino dell'autocoscienza alla vita della società e dell'autocoscienza della donna come soggetto politico, sociale e fecondo. Questa mancata autocoscienza, da entrambe le parti, ha precluso il fiorire di strutture adeguate che rispettassero la donna e il futuro bambino assegnando a loro quel sostegno necessario proprio nelle situazioni estreme e difficili.

Un bambino non voluto ma sostenuto e donato poteva essere una ricchezza per altre coppie impossibilitate ma desiderose di avere un figlio.  Qui sta la vittoria di uno stato di proporre alternative di vita; sempre.

Ma come, si potrebbe dire, la donna è più "legata" dell'uomo? L'uomo non ha questo legame vincolante.
Purtroppo, per l'uomo, non ha invece questa opportunità straordinaria di legame con la vita.
Questo limite fa la donna straordinaria e speciale proprio perchè il suo legame con la vita, anche non desiderata, la mette in condizione di essere feconda e carica di speranza sociale, civile, etica e religiosa. Altro che limite. Una unica e straordinaria opportunità.
Anche nei casi estremi.
Poiché lo stato e dunque noi abbiamo dimenticato questo, noi non abbiamo amato la donna.
La 194 è il segno legislativo della nostra mancanza di amore alla donna e alla vita nuova che custodisce nel seno.
Alla vita come apertura e come dono che verifica, concretamente, il grado di civiltà di un convivere civile.
Saremo giudicati, anche storicamente, sull'amore e su quanto non abbiamo manipolato e ucciso.
Ogni governo che si concentra su questioni non fondamentali come quella della vita, della cultura alla vita e sulla famiglia naturale sta in completa fase isterico-poitica.
Fissato e concentrato sui suoi giochi e sulle sue piccinerie legittima ogni giorno la cultura della morte e non solo in un aborto ma nella cultura dell'aborto e nella cultura contraria alla famiglia naturale.
La creatività che sta alla base della cultura della vita è senza confini e gli esempi di donazione e di circolarità feconda potrebbero essere innumerevoli se non fossero stati mortificati da una legge ingiusta per la donna e per le creature custodite nel loro seno. Sembra che la Chiesa da sola sia rimasta a ricordare alla società i suoi diritti-doveri e alla donna la sua identità e la sua preziosa vocazione.

Alcuni detrattori, mossi da demagogia politica, citano impropriamente San Tommaso e usano abbondantemente termini come oscurantista, medioevale, clericale, proibizionista, ecc verso una cultura che protegge la vita . . . ma è solo una proiezione delle proprie isterie, dei propri egoismi e dei propri narcisismi manipolatori.

Maria davanti alla vita ha detto SI, incondizionatamente LC. 1,38

Questo è, in certo qual modo, uno stimolo normativo sociale ed esistenziale prima ancora che religioso.
 I cattolici, se ci sono, battano un colpo.