Ultime

Uno spin doctor politico per l'Italia

mirror de www.ilcattolico.it

per aiutare una coscienza politica e le scelte referendarie.

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Navigando questo sito, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più vai alla pagina della legislazione europea e clicca qui

barbara-spinelliL. Scaraffia - Il Foglio - In questi giorni sembra che lo sport più diffuso sui giornali sia attaccare e deridere Paola Binetti: dagli editoriali pomposi alle vignette umoristiche, senza provare il minimo imbarazzo a seguire tutti la stessa onda e aggredire una delle poche persone che – si sia d’accordo o no – ha il coraggio di esprimersi in modo non politicamente corretto. Fra i censori degli ultimi giorni un posto tutto speciale merita Barbara Spinelli – che le ha dedicato un editoriale sulla Stampa di domenica – per la pochezza delle argomentazioni e per l’uso disinvolto delle citazioni. Anche lei, davanti alla facilità del bersaglio, si è lasciata prendere la mano. Cedendo al conformismo generale, Spinelli descrive infatti Binetti come rozza e ignorante, e quindi oscurantista: “La signora Binetti, di cui non si conoscono opere né scritti, non meriterebbe forse lo spazio che le viene dato”.
A parte il fatto che sarebbe bastato un piccolo controllo su Internet per scoprire quello che, essendo Binetti un docente universitario, si poteva facilmente sospettare, e cioè che opere e scritti ci sono, non risulta che per essere eletto a rappresentare il popolo italiano sia mai stata richiesta, per esempio ai ministri Melandri o Pollastrini, una bibliografia. Certo, nulla a che fare con la squisita e colta editorialista. Che sa denunciarne i punti deboli in un’ottica nuova: Binetti non sarebbe tradizionalista, ma al contrario molto moderna, come moderna è la moda della religione identitaria, una deviazione della vera tradizione religiosa, che invece la Spinelli conosce meglio di lei. Pregare con obiettivi politici, votare contro emendamenti a favore degli omosessuali, sarebbero tutti segni di questa pervertita modernità influenzata dai talebani, contro la quale Spinelli esibisce non solo zoppicanti analisi storiche, ma anche la stessa esperienza di sante pervase dal dubbio, come Teresa di Calcutta.

Il modello Binetti è nuovo, scrive Spinelli, perché nato "probabilmente" dall'effetto "che ha avuto su di noi l'integralismo islamico". Binetti è imputata, in particolare, di avere confessato, proprio sulle pagine di questo giornale che, dopo avere fatto tutto il possibile per realizzare i suoi progetti politici con le leggi della politica, prega perché abbiano successo. La senatrice scrive che non sa se questo è avvenuto nel caso dell'emendamento in questione, sa che qualche volta questo aiuto non c'è stato: stavolta, le piace pensare che ci sia stato. Libertà è lasciare che ognuno pensi, e preghi, se ritiene il caso, come vuole: ma evidentemente Spinelli teme che le preghiere della Binetti possano interferire pesantemente nei lavori parlamentari, molto più di quanto, timidamente, abbia osato sperare la senatrice stessa.

Ma ormai la requisitoria è partita, e le accuse si susseguono. Sempre per colpa di Binetti, "la questione del credere e non credere torna a essere centrale, con le menzogne che a essa sono legate". Menzogne che denuncia servendosi di una citazione di Nicola Chiaromonte, tratta da "Credere e non credere": siamo in "un'epoca di malafede, cioè di credenze mantenute a forza". Ma Spinelli non sa quello che dice: quando parla di "credenze mantenute a forza", infatti, Chiaromonte non si riferisce alla fede cristiana stile Binetti, ma a una degradata religione del progresso, che fa della malafede "l'elemento dominante di tutte le ideologie politiche"; il vero male del tempo presente, per Chiaromonte, è "l'egomanìa" che trascina verso "un'empietà radicale" (p. 197). La stessa grossolana manipolazione si ripresenta nella successiva citazione di Chiaromonte, dedicata ai credenti in un "Dio moderno, il solo che universalmente si riconosca", un Dio creato dagli uomini, che per Spinelli sarebbe quello dei cattolici identitari, ma per Chiaromonte quel Dio moderno era quello che "promette la massima efficacia nell'impresa di mutare materialmente le condizioni materiali dell'esistenza" (p. 210). Come si vede, una cosa alquanto diversa da quello che pensa la Binetti.

Questo non è il solo punto in cui Spinelli adopera i libri a proprio uso e consumo. Sempre per sostenere che Binetti è "molto moderna" e non ha niente a che fare con la tradizione cristiana vera, scrive: "E' estremamente moderno dare alla religione una radice identitaria che coincide con una nazione o una terra. Tutte queste idee nel Medioevo non c'erano". Consiglierei un ripasso: intorno alla metà del ‘400, finita la guerra dei Cento anni, si formano i regni inglese e francese, fondati sull'uniformità religiosa dei sudditi, simbolicamente rappresentata dalla nascita dei santi "nazionali" e dall'espulsione degli ebrei, ripetuta pochi decenni dopo, nel 1492, dal regno di Spagna ormai unificato. Le nazioni, e tanto più i nazionalismi, da Spinelli indicati come culla dell'identità religiosa dello stato, sono invece figli della rivoluzione francese, della laicità e sono stati matrice, nel 900, delle religioni totalitarie. Spinelli sostiene che i veri credenti sarebbero i laici come Scalfari e Odifreddi, dotati di un pensiero e di convinzioni di "un'intensità tenace che tanti credenti neppure conoscono". Ma se i laici devono essere i "veri credenti", forti delle loro convinzioni, ai cattolici Spinelli consiglia invece di far spazio al dubbio, cedendo a una delle tendenze più in voga fra i laici militanti: quella di insegnare ai cattolici cosa significa essere cristiani. E cita - chiaramente fuori posto - sante come Teresa di Calcutta e Teresa del Bambin Gesù. Che c'entrano sante che hanno confessato i loro periodi di dubbio sui fondamenti della fede, senza però abbandonare un momento la missione che avevano scelto? Pensa solo, forse, che se Binetti avesse una crisi di dubbio, smetterebbe di pregare, e quindi di agire sul Senato con la preghiera.

L'accenno all'oggetto del contendere, all'argomento sul quale sarebbe intervenuta la preghiera, cioè gli omosessuali, arriva solo adesso, attribuendole come al solito una frase mai detta: "Sono malati da curare". Binetti ha solo detto che esistono omosessuali che, nonostante l'orgoglio gay e tutti i gay pride, non hanno accettato la loro condizione, e hanno bisogno di sostegno psicologico, come tanti che soffrono per un matrimonio in crisi o un lavoro che non gli piace.

Per fortuna Spinelli ci insegna come essere cattolici citando pure Agostino - peccato sia una frase generica e incomprensibile se estratta dal contesto, come la stracitata "ama e fa cosa vuoi"- e finisce con un tocco pedagogico da maestra: rivendicare le radici cristiane d'Europa sarebbe costringere "una religione universale dentro chiuse geografie". Come se, ammettendo una verità storica inconfutabile come quella che l'Europa ha radici cristiane, si negassero le radici cristiane dell'America latina, del Vietnam evangelizzato dai gesuiti, e perfino del paese oggi più cristiano, gli Stati Uniti d'America.