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"Fuori dall'Unione chi ostacola il processo di integrazione". Nel presidente della Repubblica Giorgio Napolitano deve essere scattato il riflesso condizionato del vecchio leader comunista, se ha reagito con queste parole al no del popolo irlandese nel referendum convocato per ratificare il Trattato dell'Unione Europea. Aldilà delle questioni politiche legate alla vicenda non si può non rilevare come ogni volta che le materie riguardanti la Ue passano al vaglio dei popoli vengano sistematicamente bocciate. Invece di lanciare scomuniche e invocare epurazioni, visto che nelle democrazie il popolo è sovrano sarebbe invece da interrogarsi su questo scollamento tra governi e popoli, tra istituzioni di Bruxelles e cittadini europei.



Un problema è senz'altro rappresentato dal fatto che mentre i trattati su cui si vota sono essenzialmente incomprensibili per il cittadino medio, è invece molto ben concreta l'intrusione dell'Unione Europea nella vita dei cittadini e la sua ostilità verso i valori ampiamente condivisi dalla gente.

A questo proposito è molto interessante un articolo di Andrea Tornielli apparso sul Giornale dell'11 giugno scorso in cui la professoressa Marta Cartabia, docente di Diritto Costituzionale a Milano, e Giorgio Salina, presidente della Fondazione Europa, hanno denunciato il "colonialismo giurisdizionale" della UE, ovvero quel fenomeno per cui la Corte Europea e le direttive della Commissione cercano di scardinare le legislazioni nazionali in materia di famiglia e vita, temi che peraltro non sono neanche competenza dell'Unione. Nell'articolo si sottolinea in particolare il ruolo svolto dalla lobby gay - trasversale a tutti i partiti - e dai giudici che usano le norme "anti-discriminazione"  per rovesciare le legislazioni pro-famiglia.
Interessante notare che anche il Papa, nella sua visita in Puglia sabato e domenica scorsa abbia sottolineato nel suo discorso come la famiglia oggi «è esposta al convergente attacco di numerose forze che cercano di indebolirla».

Fonte Il Timone