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«Con tutto il rispetto per il padre di Eluana, io non riesco a comprenderlo. L'avrei compreso, e forse l'avrei anche giustificato, se avesse visto la figlia agitarsi fra terribili sofferenze. Ma lui stesso ha detto che non soffriva. E allora?». È passata una settimana dalla morte "per sentenza", come l'ha definita il ministro della Giustizia Angelino Alfano, di Eluana Englaro. La maggioranza sembra aver rinfoderato la spada che aveva sguainato dopo il rifiuto del presidente Giorgio Napolitano di controfirmare il decreto legge che avrebbe salvato la vita della donna in stato vegetativo persistente, le acque si calmano e tornano a mostrarsi limacciose, ma il senatore a vita Francesco Cossiga è fra quelli che non si danno pace per come sono andate le cose. E prosegue la sua polemica nei confronti del capo dello Stato. E di qualcun altro.
Presidente, in una recente intervista, lei ha sostenuto che il presidente Giorgio Napolitano, rifiutandosi di firmare il decreto legge che avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro, ha stravolto la Costituzione, perché in realtà lui non ha la facoltà di negare la firma ai decreti urgenti, ma solo di fare osservazioni al governo che li decide. Invece, il capo dello Stato, nella famosa lettera al Presidente del Consiglio, ha rivendicato il suo diritto di non sottoscrivere i decreti legge in forza della funzione di garanzia istituzionale che a lui assegna la Costituzione. Chi ha ragione, Cossiga o Napolitano?
Non posso nasconderle di avere un certo qual scrupolo per avere io, seppure per motivi di coscienza e per fini etici, sollevato questa bagarre presentando una interpellanza al Governo per chiedere l'emanazione di un decreto-legge che servisse a salvare la vita della povera Eluana. Veniamo al punto. Anzitutto, tutti parlano di ruolo di garanzia costituzionale, ma nessuno ha mai detto: garanzia da cosa e da chi, di chi e di che cosa, e con quali strumenti. La Costituzione dice che il Governo adotta in caso di necessità e urgenza sotto la sua responsabilità - ripeto: sotto la sua responsabilità - provvedimenti aventi forza di legge ordinaria, ponendo a suo carico l'obbligo di presentarli immediatamente al Parlamento che deve, se voglia, convertirli in legge entro novanta giorni, pena la loro decadenza. Noi abbiamo un regime costituzionale di tipo parlamentare nel quale il Governo non risponde, come nel regime costituzionale puro o in quello semipresidenziale, al Capo dello Stato, ma solo e soltanto al Parlamento. È al Parlamento che quindi spetta valutare se ricorrano o meno la necessità e l'urgenza.

Napolitano scrive che già altri presidenti prima di lui si sono negati ad emanare decreti legge. È vero? Lei ne ricorda qualcuno?
Vi sono dei precedenti, di cui uno o due miei; ma si tratta di casi diversi nei quali era evidente la mancanza dei presupposti dell'urgenza. Vi è un altro caso nel quale il Capo dello Stato può rifiutarsi di emanare un decreto-legge: quando ritenga motivatamente che le norme in esso contenute abbiano un carattere eversivo, che so: «È proclamata la dittatura e il compagno Giorgio Napolitano è proclamato Compagno Supremo e a lui sono attribuiti tutti i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari, compreso il diritto di vita e di morte»: ma quest'ultimo in vero lo ha esercitato già... O quando le norme ledano la Costituzione in modo così grave che il vulnus da esse recato non possa con evidenza essere riparato da una successiva sentenza della Corte Costituzionale.
Abbiamo fin qui discusso sulla legittimità/illegittimità di principio della negata firma di Napolitano. Accantoniamola per un momento ed entriamo nel merito delle obiezioni che egli ha formulato.

Napolitano sostiene che la drammaticità del caso di Eluana non configura il caso straordinario di necessità ed urgenza ai sensi dell'art. 77 della Costituzione per emanare un decreto legge. Vero o falso?
Credo che egli in coerenza con le idee da lui sempre professate, abbia ritenuto non che ci fosse l'urgenza di salvare la vita di Eluana, ma che non ce ne fosse la necessità, anzi che fosse legale e giusto farla morire...

Ricorda decreti legge emanati dai governi e firmati dai presidenti per questioni magari non così urgenti e straordinarie come il destino della vita di una donna?
Ripeto, io credo che Giorgio Napolitano sapesse bene che senza quel decreto-legge Eluana sarebbe morta di fame e di sete, ma che ritenesse giusto che ciò accadesse. Voglio farle una piccola rivelazione. Alcuni colleghi, laici e cattolici, "cattolici infanti" e non "cattolici adulti", volevano presentare una interpellanza con il mio identico testo, ma Gianfranco Fini gli fece censurare quella parte nella quale si argomentava sul diritto del Governo di emanare un siffatto decreto-legge e sui limiti dei poteri del Capo dello Stato in materia. Quindi, o il neo-compagno partigiano Gianfranco Fini sapeva quello che era il pensiero della "regina maschio", o è stato lui a suggerirlo allo stesso.

Fini suggeritore del presidente Napolitano? Addirittura!
È quello che io credo. E c'è pure un precedente...

Fermiamoci qui! Restiamo su temi "alti". Napolitano sostiene pure che il decreto legge ledeva il principio della distinzione fra i poteri dello Stato, che andava contro una sentenza giudiziaria definitiva, che tale va considerato anche un decreto emesso a seguito di un procedimento di volontaria giurisdizione, e che esso non è invasivo della sfera di competenza del potere legislativo perché così è stato sentenziato dalla Corte costituzionale. Lei che ne dice?
Poiché la "regina-maschio" non capisce un tubo di diritto costituzionale e di diritto processuale, mi chiedo chi gli abbia scritto la lettera con queste sciocchezze.

Presidente, lei è un grande esperto di diritto. Mi spieghi: è mai possibile che su di un caso che riguardava la vita o la morte di una persona, e la facoltà da concedere ai medici di provocare la morte di questa persona, a decidere sia stata la giustizia civile e non invece quella penale?
Sì, si sono prounciate le sezioni civili della Corte di Cassazione.

Ma davvero la materia non aveva profili penali?
Avrebbe avuto un profilo penale, ma nessuno, dal Procuratore generale di Trieste a quello di Udine, si è mosso. Perché l'azione penale è obbligatoria, ma è obbligatoria secondo le ideologie dei pubblici ministeri. È obbligatoria, ma è discrezionale secondo le ideologie dei pubblici ministeri.

A Ballarò dell'altra sera il Garante della Privacy, Stefano Rodotà, ha sentenziato fra gli applausi che l'esito della vicenda Eluana è un «trionfo dello Stato di diritto» e ha rievocato la famosa battuta del mugnaio tedesco a Federico II: «Ci sono giudici a Berlino!». Non è un po' spudorato, per un caso in cui si è messa a morte con un decreto giudiziario una persona sulla base di una volontà presunta?
E lei va dietro a Stefano Rodotà? So di far peccato, ma mi auguro che presto si trovi nelle condizioni di Eluana e che lo facciano morire di fame e di sete, naturalmente con sentenza passata in giudicato.

Il direttore di Tempi, Luigi Amicone, dice che questo è moralmente un caso Dreyfuss, dove però non sarà mai possibile risarcire e riabilitare la vittima perché Eluana non è più fra noi. Che ne pensa?
Ci sarebbe un modo: far venire un coccolone ai magistrati e ai giudici della Corte di Cassazione e farli morire di fame e di sete, ma senza sedativi....

Presidente, da quanto abbiamo sin qui detto si potrebbe anche desumere che veramente Giorgio Napolitano abbia disatteso la Costituzione. Si potrebbe metterlo in stato di accusa a norma dell'art. 90 della Costituzione, come il Pds di Achille Occhetto cercò di fare con lei nel 1992?
Anzitutto lui è comunista, ed io non lo ero. E poi, avendo superato gli ottant'anni, non finirebbe in galera... Certo, anche a lui potrebbe venire un coccolone: e allora lo si potrebbe affidare a Beppino Englaro...
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