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Da il Foglio, 5 maggio 2009

Al direttore - Quello che non si capisce è perché la stessa parte politica, e la stessa cultura, che ha sempre considerato il divorzio come una conquista di civiltà e un chiaro segno di emancipazione sociale, per uomini e donne abbrutiti dal matrimonio, oggi voglia a tutti i costi far passare quello di Berlusconi come una immane tragedia personale e un evidente indicatore di malversazioni annidate fin nelle mura domestiche.
    Raffaele Pastore, via Web


Al direttore - Le dèe non divorziano. Il divorzio non è un istituto all’altezza del loro rango. Si è forse mai vista una dea divorziare? Le dèe, quando i loro divini mariti si dimostrano infedeli, possono solo infuriarsi e vendicarsi, magari tradendoli a loro volta, ma non degradarsi, come delle qualsiasi borghesucce o borghesone, chiedendo loro il divorzio. Parola della grande Hera, che non pensò a divorziare da Zeus nemmeno quando lui, che non faceva altro che tradirla con belle fanciulle terrestri, trasformandosi ogni volta, per sedurle, in un animale diverso (toro, cigno, serpente e simili), per possedere Danae osò addirittura inondarla in forma di pioggia d’oro. Se quella davvero paziente Signora fu dunque promossa al rango di dea del matrimonio, nonché di madrina di tutte le mogli tradite, non fu soltanto per la fermezza con cui non cessò mai di lottare contro i tradimenti del suo potente e fantasioso marito ma anche e soprattutto perché non si lasciò mai sfiorare, nemmeno per un istante, dall’idea di abbandonarlo. Si dimostri dunque anche Veronica degna del suo status divino lasciando la risorsa del divorzio alle comuni mortali.
    Ruggero Guarini

Al direttore - La speculazione orrenda portata avanti dal partito dell’aborto, del divorzio e dell’amore libero, prima sulla vicenda delle veline e poi sulla lite di Berlusconi con sua moglie, è veramente ripugnante. Spero solo che il premier non si lasci trasportare dalla polemica politica, ignori il raglio dell’asino che non giunge al cielo, e cerchi di fare l’unica cosa che ora importa: la pace con sua moglie. Per quanto riguarda il voto dei cattolici, non si preoccupi: i casi Englaro, Ru486, dico, droga libera, ecc. ci ricorderanno sempre che il partito della disgregazione della società è quello che fa moralismi sulle veline e speculazione sui divorzi, da una parte, e leggi aberranti, dall’altra.
    Francesco Agnoli

Sono anch’io molto divertito, e si fa per dire perché questa storia è tutto tranne che divertente. Ma è istruttivo razzolare tra i moralismi “de sinistra”. Il divorzio è il loro totem. L’aborto un diritto di libertà procreativa. L’eugenetica uno strumento di progresso che affila la sua lama sulla testa di milioni di esseri umani. La pillola è del giorno prima, del giorno dopo, di sempre. La fecondazione a tutti i costi, perché i figli sono un diritto e l’eterologa una condizione di beatitudine per la mamma single. Il Family day è una pagliacciata oscurantista. Il matrimonio gay una bandiera. La madre il progenitore A, il padre il progenitore B come da codice civile zapateriano. Noi siamo ovviamente una banda di bacchettoni. Ma ora, con l’ideologismo antiberlusconiano sul cosiddetto “abuso del corpo delle donne”, mettono in piedi un casereccio asse del sacro, disprezzano nella realtà quel corpo che santificano nell’ideologia, e chiedono modestia femminile alle ragazze con cui gioca il Cav, pronti anche alla calunnia, alla demenza di suggerire che le foto della festa di Casoria sono una montatura, manca poco che non facciano un rogo del Seduttore impuro, questi libertini dei miei stivali.

il direttore de il Foglio

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