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Uno spin doctor politico per l'Italia

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Tra i tormentoni estivi sui nostri giornali, c’è quello della nascita di un presunto Partito del Sud, a fronte della vecchia o nuova questione meridionale. E’ un dibattito che diventa sempre più ridicolo, tutti ne parlano, ma forse nessuno ha ben chiaro che cosa sia, quali sono gli obiettivi da raggiungere, i riferimenti culturali, le strategie, i sistemi di alleanze. Più che un’esigenza del popolo del Sud sembra un’esigenza di alcuni politici che vogliono riscattarsi rispetto ai vari fallimenti di politica locale; dal disastro Bassolino in Campania alle voragini di Loiero in Calabria ai tentativi di sfuggire un po’ ovunque alle strette regole di bilancio, fino ad assurgere a valvola di sfogo di frustrazione, di occasioni mancate e di insuccessi territoriali e personali.

Certamente la questione meridionale esiste, ma per aiutare il Mezzogiorno - afferma Gianni Alemanno- non servono strumenti ‘vecchi’ come il partito del Sud, bensì nuove politiche, nuove strategie. Il rilancio del Mezzogiorno è la nuova frontiera per far crescere l’Italia. Bisogna rifare l’unità nazionale partendo dal basso e non dall’alto.

 E se esiste un certo ritardo del Sud rispetto al Nord, occorre convincerci che non si tratta di un dato di natura, la questione meridionale diciamolo subito è nata dopo l’unificazione del nostro Paese. Un’ottima occasione potrebbe essere il 150 anniversario dello Stato unitario, per chiederci perché, in modo più o meno consapevole, e non solo il Sud, l’Unità d’Italia non è ancora pienamente entrata nella memoria collettiva degli italiani. Per Alfredo Mantovano il punto di partenza dovrebbe essere è provare a conoscere che cosa siamo stati e perché i problemi da una certa data sono cresciuti.

 Dovremmo analizzare il modo come è stata realizzata l’Unità d’Italia: “per incorporazione forzata a uno Stato pre-unitario invece che per il lavoro di federazione di tutti gli Stati per-esistenti; per gli effetti incontestabilmente negativi che essa ha prodotto al Sud, demoralizzando e prostrando la sua economia, incamerandone le finanze, provocando la tragedia dell’emigrazione; per l’atteggiamento culturale prima ancora che politico, di bollare il semplice avvio di una riflessione oggettiva su che cosa è accaduto a cavallo del 1861 come una aggressione revisionistica al fondamento sacrale della Nazione, come qualcosa di cui non ammettere neanche la discussione”. (Alfredo Mantovano, Il Sud giochi la vera partita anziché creare il “suo” partito, 20.7.09 La Gazzetta del Mezzogiorno).

 Paradossalmente ha incontrato meno ostacoli la revisione storica della Resistenza rispetto a quella dell’unificazione del nostro Paese. Dovrebbe essere ormai un dato storico condiviso da tutti che l’Italia non nasce nel 1861, e che nei secoli antecedenti vi era una ‘nazione spontanea’, con una comune identità, fondata su cultura e principi comuni, sostanzialmente omogenei, e su un’articolazione sociale ricca e variegata, a cominciare dal Sud.

 Dunque anche da meridionali dobbiamo convincerci che l’unificazione poteva andare diversamente, ma a questo punto l’unità d’Italia c’è e la partita del Sud va giocata non contro il resto del paese, ma utilizzando al massimo le risorse di cui disponiamo, e che spesso abbiamo in sovrabbondanza. Risorse che hanno radici in una tradizione che siamo chiamati ad onorare e a rilanciare senza nostalgismi. Risorse anche materiali e finanziarie, che altrettanto spesso restano inutilizzate, alla faccia delle lamentele! (Ibidem).

 Esistono consistenti risorse dell’UE che possono essere impiegati facendo progetti mirati per esempio sulla sicurezza ed è un peccato non impiegarle. Ci sono amministratori che hanno presentato ottimi progetti, altri si sono fermati al generico, altri totalmente disinteressati. Morale: non sempre al Sud mancano le risorse finanziarie; talvolta mancano le idee e i progetti.

 Il nostro Mezzogiorno ha dei tesori nascosti, ha innumerevoli “scrigni nascosti” che, recuperati, rivelano arte identità, bellezza, e quindi turismo, apprezzamenti, investimenti. Con un materiale di straordinaria ricchezza lasciato dalla Storia e con opere di valorizzazione serie e non superficiali, si possono trovare le risorse e i finanziamenti e quindi la realizzazione di opere concrete.

 Un partito per il Sud sarebbe un suicidio. Basta con la politica del cappello in mano: recuperiamo l’orgoglio e utilizziamo le risorse straordinarie che abbiamo. Ha ragione Marcello Veneziani, per spendere fino all’ultimo centesimo i fondi comunitari, per non farsi privare dei fondi statali, per sfruttare al massimo il nostro patrimonio, non è necessario il Partito del Sud. C’è bisogno di giocare senza respiro la Partita del Sud.

 Chi è meridionale conosce bene quali sono davvero le necessità del Sud. Sa molto bene che la soluzione non è nei soldi, alimento spesso di mafie e clientele. La sicurezza, le strutture adeguate, i trasporti veloci ed i servizi efficienti sono invece i bisogni primari. Chi è meridionale rifletta sui soldi spesi per anni a Napoli per l’emergenza “monnezza”, o a Bari con l’affare “sanità”. Al Sud servono strade, ponti, ferrovie. l’Italia non è unita non solo tra il Nord e il Sud, ma anche nelle stesse regioni meridionali c’è uno scollamento pauroso; andare da Palermo a Bari occorre una giornata.

Basterebbe riportare la contabilità dei costi di questa politica per il mezzogiorno e dimostrare che con la spesa sostenuta sarebbe stata assicurata una vita agiata a tante generazioni di meridionali.

 

 S. Teresa di Riva, 31 luglio 2009

 S. Ignazio di Loyola.                                                                                  DOMENICO BONVEGNA

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