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Da E' Famiglia. Pubblichiamo qui di seguito le conclusioni del libro di Carlo Casini "Unioni di fatto, matrimoni, figli tra ideologia e realtà", in uscita nei prossimi giorni nelle librerie italiane. Il titolo dell’ultimo capitolo, che proponiamo in modo completo, è "Interesse pubblico e libertà privata". Interesse pubblico, spiega Casini, è l’ambito in cui si colloca la famiglia come descritta dall’articolo 29 della Costituzione, libertà privata è quello in cui «possono variamente atteggiarsi le unioni di fatto».

Obiettivo fondamentale di questo studio è la dimostrazione di una già esistente tutela dei molti bisogni individuali legati alla convivenza more uxorio, con conseguente inutilità pratica di molte delle richieste di riconoscimento. Crediamo di aver dimostrato che le esigenze reali di una coppia di fatto possono essere soddisfatte, almeno in grande misura, dagli strumenti offerti dal nostro attuale ordinamento.
Le persone che non vogliono sposarsi non possono lamentarsi di una loro libera scelta, né lo Stato potrebbe imporne autoritativamente, con norme imperative, il riconoscimento.
Pare davvero contraddittorio invocare l’autonomia dallo Stato – in nome della libertà da forme e vincoli, per il primato dell’affetto e della sostanza – e al tempo stesso chiederne la protezione e il riconoscimento, senza assunzione di quei doveri e di quelle responsabilità, nei confronti della società tutta intera, che soli giustificano l’intensa protezione offerta dall’ordinamento alla famiglia fondata sul matrimonio.

Sono ragionevoli i limiti imposti dalla sostanziale differenza esistente tra convivenza coniugale e convivenza non coniugale, come ripetutamente affermato dalla Corte Costituzionale. La distinzione tra interesse pubblico e libertà privata è assolutamente limpida qualora si usi come criterio decisivo di valutazione l’interesse dei figli, cioè – ultimamente – dei più deboli e della società futura.
Nell’articolo citato nell’introduzione, Giuliano Amato sfida la comunità cristiana sul terreno per lei più delicato e sensibile: quello del «messaggio d’amore e quindi della fiducia verso l’uomo». La risposta è che proprio la ferma e coraggiosa difesa del matrimonio e della famiglia su di esso fondata è un «messaggio d’amore».

Non c’è bisogno di ricordare indagini sociologiche e psicologiche; è sufficiente richiamare l’esperienza comune per avere la certezza che, salvo eccezioni, nella maggioranza dei casi un bambino ha bisogno dell’amore del padre e della madre come del latte e del pane e che l’affetto sentito o almeno voluto tra i genitori, la stabilità della famiglia, sono fattori potenti di una crescita armonica.
Rafforzare nel massimo grado possibile il patto iniziale d’amore, proporlo alle persone come seriamente impegnativo, rendere manifesto l’interesse generale nel rapporto che ne deriva è un modo di tradurre in architettura civile l’amore per l’uomo. Non si tratta di disprezzare nessuno. Al contrario: si tratta di avere fiducia in tutti gli uomini.

Fortunatamente esistono, numerose e ovunque, anche al di fuori della cultura e dell’area cristiana, famiglie stabili, coraggiose, che superano ogni difficoltà.

È un bene per la società consolidare le motivazioni del coraggio di un impegno familiare totale, senza costringere nessuno, lasciando a tutti il più ampio spazio di libertà.
Nel dibattito sulle unioni di fatto, pare che la vera questione sia la questione omosessuale, che emerge come forte spinta rivoluzionaria riguardo al diritto matrimoniale anche quando cerca di confondersi con le convivenze genericamente more uxorio, o addirittura con quelle di generalissimo mutuo aiuto.

Anche per i conviventi omosessuali sussiste il potere di fissare con patti tra loro vincolanti le regole del rapporto; l’impossibilità strutturale di determinare il succedersi delle generazioni rende peraltro ancor più ingiustificato qualsiasi intervento dello Stato volto a valorizzare e promuovere la compagnia omosessuale.
È giusto evitare discriminazioni, ma non è giustificabile la falsificazione della verità sulla famiglia e sul matrimonio.
La legge può intervenire vietando discriminazioni nel campo del lavoro e punendo comportamenti oltraggiosi e irridenti.

Ma riconoscere la compagnia omosessuale, distinguendola da altre compagnie durature aventi scopi diversi da quelli dell’esercizio della affettività e della sessualità, sarebbe davvero non ragionevole.
Una volta accettato come criterio di distinzione tra la sfera pubblica e quella privata il succedersi delle generazioni è, invece, doveroso il sostegno della collettività non solo quando un rapporto di convivenza è consolidato dall’arrivo dei figli, ma anche, soprattutto, nel caso in cui non si può parlare di unione né matrimoniale né civile perché una madre è sola con il suo bambino.

Una protezione particolarmente forte deve essere prevista per le «ragazze-madri». Al riguardo non è soltanto in gioco la famiglia, ma, in molti casi, lo stesso diritto alla vita del figlio.
La previsione di aiuti per le ragazze madri, infatti, può costituire un elemento di prevenzione dello stesso aborto volontario: la donna in attesa e angosciata per la solitudine dovrebbe poter contare sulla solidarietà della comunità intera; il sostegno della società può modificare la spinta psicologica a  interrompere la gravidanza.

Di più: l’idea che il figlio è comunque un membro della famiglia dovrebbe indurre a prendere in considerazione il concepito non ancora nato sia nei punteggi per l’assegnazione degli alloggi popolari, sia, più in generale, negli statuti degli Enti locali.
Da qualche tempo si parla di una politica sociale della famiglia.
Non è certo sufficiente proclamare e riconoscere la famiglia come nucleo fondamentale della società: occorre sostenere e promuovere la famiglia con interventi concreti di sostegno e valorizzazione.
La famiglia deve essere vista non come una realtà che domanda aiuto, ma come una risorsa che può aiutare lo Stato a realizzare il bene comune.

In applicazione del principio di sussidiarietà, gli interventi di sostegno dovrebbero avere carattere promozionale e non assistenziale.
Dalla visione della famiglia come soggetto sociale autonomo dovrebbero discendere norme di promozione che non abbiano come destinatari i singoli membri del nucleo familiare, ma la famiglia in quanto tale.
Un sistema fiscale equo deve prevedere che, a parità di reddito, chi ha figli da mantenere non paghi la stessa entità di tasse di chi non ne ha: è necessario differenziare la capacità contributiva in relazione alla presenza o meno di carichi familiari.
È giunto il tempo di pensare a una politica abitativa, del lavoro, dell’assistenza, della scuola, delle assicurazioni in funzione della famiglia.

Si è già detto, parlando della cosiddetta "rinascita della famiglia", che i bisogni degli individui non possono essere risolti dallo Stato se non con la collaborazione delle famiglie, che per questo debbono veder esaltata e premiata la loro funzione di solidarietà.
L’idea della famiglia come fondamento dello Stato e del matrimonio come «fondamento del fondamento» fa riflettere sul fatto che la politica, quando sono in gioco valori fondamentali, non deve limitarsi a intervenire nel campo economico ma deve promuovere anche azioni culturali. Si è portato l’esempio della democrazia.

Lo Stato moderno non si accontenta di avere un sistema di rappresentanza popolare, la separazione dei poteri, la libertà di stampa. Vieta anche la propaganda di ogni forma di totalitarismo.
Non sembra che per la famiglia vi sia un’adeguata politica culturale di sostegno. Anzi, la cosiddetta "cultura della scissione", che separa la sessualità dall’amore, l’amore dalla famiglia, la famiglia dal matrimonio, è continuamente diffusa dai mezzi di comunicazione sociale. Sarebbe questa l’occasione giusta per introdurre il tema dell’educazione sessuale, dei programmi scolastici, dei presupposti e degli effetti della moderna pornografia industriale.
Non è il caso di affrontare questi argomenti. Ma è da chiedersi se la radice della richiesta di assimilare le unioni di fatto, particolarmente quelle omosessuali, alle relazioni matrimoniali non affondi proprio nella ideologia della scissione.

Non dovremmo temere il confronto neppure sul significato della sessualità, perché è tema culturalmente assai ricco. Si tratta di decidere se la dimensione sessuata dell’uomo e della donna sia qualcosa di banale, il cui scopo è esclusivamente il gioco o l’evasione o se, piuttosto, essa rechi in sé la traccia di un mistero, che collega il singolo uomo e la singola donna alle domande fondamentali sul significato del nascere, del generare, del morire.
La comunione di vita tra un uomo e una donna non è una relazione inventata, costituisce espressione elementare di ogni comunità umana. Senza quella comunione di vita non c’è futuro degli Stati, né memoria dell’appartenenza a una comunità.