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Nicola Salvagnin

Ce la farà il nostro eroe a tagliare una parte della spesa pubblica italiana, in particolare quella improduttiva o, peggio ancora, quella classificabile come spreco o “mangiatoia”?
Il nostro eroe - anzi di Enrico Letta che l’ha fortemente voluto come commissario alla spending review - è il prof. Carlo Cottarelli, un passato alla Banca d’Italia e al Fondo monetario internazionale che ne fa l’uomo giusto al posto giusto. Anche il metodo da lui adottato per togliere un po’ di panna superflua dalle nostre spese statali, sembra quello giusto. Non l’uomo solo al comando, come fu l’incarico che l’ex premier Monti diede all’economista Giavazzi e al manager Bondi per individuare e quindi applicare la scrematura. Tante belle parole, altrettante intenzioni, risultati zero.
Memore di quel fallimento, Cottarelli si sta muovendo su un piano diverso: uno staff di personale competente che agisce settorialmente; il coinvolgimento dei ministeri (sennò qualsiasi buona intenzione va a farsi benedire); un percorso di fattibilità, nel senso che si fa quel che si può e non tutto subito. E nessuno di quei tagli lineari adottati dalle personali spending review dell’ex ministro Tremonti, dettati dalla disperazione di vedere la politica non fare quel che diceva di voler fare.
Fin qui le rose. Ora le spine. Che la politica abbia cambiato atteggiamento, lo speriamo ma non lo crediamo. L’assalto alla diligenza chiamato “emendamenti alla legge di stabilità” che ha scandalizzato l’Europa e le istituzioni finanziarie internazionali (più di 3mila!) sta a significare che, al dunque, nessuno vuole rinunciare a niente. Quindi le resistenze che Cottarelli e il governo Letta troveranno davanti a loro, saranno fenomenali.
Qualcosa si può e si deve comunque fare, ma non si deleghi a Cottarelli ciò che è compito della politica. Perché riformare una giustizia civile che privilegia i furbi, i procrastinatori e in definitiva la lobby degli avvocati, frapponendo enormi ostacoli alle imprese, agli affari, agli investimenti esteri, è compito della politica e non di un commissario ad acta. E se non vedremo andare avanti certe riforme, sarà la prova lampante che questa ennesima spending review non è altro che un paravento per lasciare tutto com’è.
Infine, i poteri di Cottarelli, che sono quelli che sono. Può validamente limitare le auto blu, costringere qualche amministrazione pubblica ad usare la Consip per gli appalti e non il fai-da-te (che costa in media il 25% in più). Cercare di uniformare la giungla contrattuale e retributiva che regna nel pubblico impiego. Ma che può fare se il federalismo de noantri ha creato venti Regioni che sono Repubbliche indipendenti nella sanità, che spendono male più di 100 miliardi di euro tra ospedali e materiale sanitario e non devono rendere conto a nessuno? Che può fare se la Sicilia si comporta con le sue finanze come se il mago Silvan tutte le notti gliele rimpolpasse? Come può cambiare l’andazzo di creare migliaia di enti pubblici per gas, acqua, elettricità, rifiuti, autostrade e quant’altro, che spesso sono più dei poltronifici che delle vere aziende capaci di essere efficienti e redditizie? Come può in definitiva modificare un atteggiamento etico di fronte alla nostra res publica?
Il vero cambiamento lo deve fare non Cottarelli, non Enrico Letta ma l’intera politica italiana, che deve imparare a servire e non a servirsi dello Stato e dei nostri soldi.
 
© www.agensir.it - 21 novembre 2013