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la scuola paritariadi Sabino Paciolla

Leggendo l'articolo che Alberto Melloni ha scritto per il Corriere della sera, il 27.07.2015, dal titolo "La scuola paritario, è un bene comune non un semplice negozio", ( pdfla-scuola-paritaria-è-un-bene-comune-non-un-semplice-negozio-melloni.pdf) mi ha fatto ricordare alcuni momenti della mia gioventù. All’epoca, circa 30 anni fa, io, giovincello universitario, studiando gli atti della Costituente, fui colpito da Giuseppe Dossetti, facente parte dei “giovani professorini” cattolici (insieme a Moro, Fanfani, Lazzati La Pira..), che alla Costituente parteciparono, insieme alle altre forze politiche, a redigere alcuni dei più importanti articoli dell’attuale Costituzione.
Fui colpito perché, subito dopo questo importante contributo, e dopo essersi messo al servizio del card. Lercaro di Bologna che lo spinse a candidarsi come capolista indipendente nella Democrazia Cristiana, nel ’56 manifestò allo stesso Lercaro il desiderio di farsi sacerdote. Mi colpì, cioè, la sua umiltà.

In seguito però, potei approfondire meglio la sua “impostazione” culturale che non mi attrasse per nulla, a differenza, come ho detto, del suo gesto umano di scelta di vita religiosa a dispetto di quella politica che comunque ha a che fare con il potere. Quella sua impostazione fu all’origine della cosiddetta “scuola di Bologna”, che ha avuto influsso notevole sul panorama cattolico italiano, ed i cui frutti si vedono benissimo ancora oggi in uno dei suoi esponenti, il giornalista Alberto Melloni, che scrive su giornali “potenti”, facenti parte cioè dei salotti “buoni” dell’alta finanza. Uno che in genere vede il “senso religioso”, di cui ogni uomo è intriso, solo a partire da concetti vetero marxisti di destra e sinistra, di Chiesa dei poveri e Chiesa dei ricchi, di Chiesa degli ultimi e Chiesa dei privilegiati, di Chiesa di Bergoglio e Galantino (“giusta”) e Chiesa di Giovanni Paolo II e Ratzinger (e perciò stesso “ingiusta”, o, peggio, “Berlusconiana”). Come si vede, un modo di vedere le cose retrivo. Non salta in mente a Melloni che “il senso religioso”, come bene essenziale della persona, può essere preservato solo a partire da una corretta valorizzazione della libertà dell’essere umano. Libertà, a sua volta, preservata solo dal riconoscimento, e dalla concreta promozione della libertà di educazione da riconoscere ai genitori e non allo Stato, se non in via sussidiaria, in termini di istruzione. Solo rispettando questi passaggi, ne viene fuori una vera democrazia, sostanzialmente intesa. L’educazione dei figli affidati ai genitori in via primaria è un bene troppo importante per lasciarlo allo Stato. Le dittature, non a caso, mettevano per prima cosa le mani sul controllo della scuola e dei mezzi di comunicazione di massa.
In questo senso, Melloni, evidentemente, non ha affatto letto le motivazioni che indussero i “Padri Costituenti” ad inserire la clausola “senza oneri per lo Stato” dell’art. 33 della Costituzione; e, di conseguenza, risulta ridicola la sua affermazione che “quella clausola costituzionale piaceva a quei lungimiranti prelati vaticani che non volevano la spartizione dei giovani fra scuole comuniste, cattoliche o pubbliche”. La scuola è pubblica perché aperta a tutti, perché offre un servizio pubblico essenziale, l’educazione, riconosciuto costituzionalmente di diritto a tutti. E non come afferma Melloni che “è pubblico chi sa mettersi all’altezza del più piccolo per “ rimuovere gli ostacoli” di cui all’art. 3 della Costituzione.
Mi pare poi una offesa molto grave quella di Melloni nei confronti “dell’era Ruini della CEI” quando la questione della scuola “serviva (sempre a parere di Melloni) per chiedere concessioni, tra le quali la qualificazione privilegiaria era molto più importante del contenuto, incluso l’aspetto economico”.
Quando c’è un vero confronto culturale, che parte, ovviamente, da quello in cui uno veramente crede, con sincerità e amore per la ricerca della verità, allora non c’è alcun pericolo che si creino scuole “classiste e segregazioniste”, come paventato da Melloni. Uno Stato veramente vivo è basato sempre su un civile e rispettoso confronto di posizioni culturalmente e sinceramente abbracciate. E non da posizioni ideologiche cristallizzate in rancidi concetti di “destra” e “sinistra”, come fa Melloni, che, per inciso, predica idee di “povertà” (Chiesa povera e dalla parte dei poveri) e poi “razzola” sempre su giornali, per lo meno, potenti."