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Giovanna ArminioIl voto delle elezioni amministrative sarà a giugno in tutte le regioni ordinarie, mentre in province come quella autonoma di Bolzano si voterà già l’otto$4 maggio. Per il Popolo della Famiglia la candidata è una giovane donna, sposa, mamma. I pannolini avevano inframezzato il suo impegno nell’avvocatura; oggi racconta per noi gli ultimi scampoli di campagna elettorale prima del voto.

Giovanna Arminio

“Allora Giovanna, come sta andando la campagna elettorale a Bolzano?” - Ecco la domanda più ricorrente in questi giorni. Non è semplice rispondere, perché quello che si vive non può prescindere da due storie: come sono arrivata nella città in cui vivo dal 2012 e come si è materializzata questa candidatura con il Popolo della Famiglia, considerando che la politica attiva non era tra i miei obiettivi. Questi due racconti sono strettamente collegati da una serie di apparenti casualità e intrecciati da un percorso di fede e azione diventato ogni giorno più intenso.
Tutto inizia da un trasferimento volontario da Gallarate a Bolzano, caldeggiato da mio marito e motivato dall’amore per l’Alto Adige. Il primo atto, per chi ha tre figli (la quarta arriverà l’anno successivo) è la scelta della scuola. Non abbiamo dubbi e optiamo per quella pubblica, mentre per i più piccoli che vanno alla materna, noi che “mai dalle suore” decidiamo di visitare l’istituto paritario vicino casa per un motivo tutt’altro che religioso: l’offerta formativa prevede anche l’inglese. Entrare e respirare un’aria che non sentivo più da anni è il primo segno che il mio cuore indaffarato e frettoloso era però ancora incapace di cogliere. Qualche mese dopo, la figlia maggiore inizia il catechismo per la preparazione alla prima comunione. Una specie di atto dovuto per molti genitori. Purtroppo. Questa volta mi colpisce l’incontro con il parroco, che in trenta secondi mi fa compilare l’iscrizione dicendo “tu sei con questa parrocchia!”. La fede, quindi, entra a casa nostra attraverso i figli. Passano i mesi e il mio cuore diventa inquieto: una vita bella, piena di affetti e di viaggi indimenticabili con amici e parenti, non bastano più. Ma non è ancora pronto per il grande salto e per l’abbandono totale di se. Il 2013, nonostante la nascita della mia quarta figlia, è il nostro annus horribilis. Non c’è più tempo per decidere da che parte stare: il Male è lì davanti e il Bene sembra lontanissimo. L’unica certezza è la famiglia, la nostra forza, il luogo da tutelare e da cui ripartire e la battaglia si conduce e si vince solo usando l’arma non convenzionale della fede, senza se e senza ma. Mi affido completamente e a quel punto, come succede in questi casi, la risposta non tarda ad arrivare. Probabilmente qualcuno di voi si starà chiedendo cosa c’entra questo con la candidatura. Accade che, a partire da questo momento, comincio pian piano ad allacciare pericolose amicizie virtuali “cattoliche” e, di amico in amico mi imbatto, un giorno di marzo del 2015, nella pagina di Mario Adinolfi, ai miei occhi un perfetto sconosciuto (mi perdonerà, ma tra la professione e i pannolini che cambio ininterrottamente dal 2005, non seguo la politica da anni). L’argomento è la stepchild adoption da parte di coppie omosessuali, ma la mia attenzione è subito attratta dal numero impressionante di bestemmie e ingiurie che gli vengono rivolte. Chi è costui? Prima di consultare wikipedia, mi intrometto nella discussione e sparo un commento ultra tecnico in legalese, che interrompe momentaneamente la sequela di improperi. Dopo venti secondi mi arriva una richiesta di amicizia, la sua. A quel punto occorre che mi informi ed effettivamente, guardando le foto, ricordo di averlo visto in TV. Questa amicizia virtuale mi introduce nel fantastico mondo delle unioni civili, dell’utero in affitto e del diritto dei bambini di avere una mamma e un papà. Faccio un veloce ricerca e mi accorgo che, nonostante la mia professione, si tratta di temi da me assolutamente ignorati. Ho un vago ricordo della maternità surrogata per averlo trattato di sfuggita nel corso monografico di diritto civile alla facoltà di giurisprudenza intorno al 1996: ma si trattava di una pratica descritta come fuori da ogni possibilità di riconoscimento giuridico. Come si era arrivati a questo punto senza che nessuno ne parlasse? Come mai non ho mai pensato al fatto che se Elton John e suo “marito” hanno dei figli, possono averlo fatto solo con questa modalità spregevole? Le (apparenti) coincidenze sono solo all’inizio. Sempre nella primavera del 2015 una cara amica mi informa che “La Manif pour Tous” di Bolzano (per me veri extraterrestri) organizzano un convegno in cui l’avvocato Gianfranco Amato (altro sconosciuto) avrebbe parlato di gender (buio totale). In quei giorni arriva, poi, da scuola un questionario del MIUR indirizzato alle famiglie, i cui figli avrebbero dovuto sostenere le prove INVALSI. Cattura ma mia attenzione l’ultima pagina, in cui si susseguono domande su educazione sessuale, bullismo, educazione stradale, educazione di genere. Mi suona il campanellino d’allarme. Gender. Educazione di genere. Saranno la stessa cosa? Per farla breve, vado al convegno di Gianfranco Amato, accompagnata dal marito, col patto che, se fosse stato noioso, saremmo andati a farci un aperitivo (approfittando del pomeriggio libero concesso dai nonni rimasti a casa con quattro figli e un cane). Voi dovreste conoscere mio marito: non appena si siede su una poltroncina - anche scomoda - e ascolta qualcuno parlare, indipendentemente dall’argomento, si addormenta all’istante. Tempo zero. E infatti, appena seduti, assume la posizione pennichella. Amato comincia a parlare, mio marito si tira su, si irrigidisce e comincia ad agitarsi, mi guarda e, dopo circa mezz’ora, chiede: “ma è tutto vero?” A fine convegno alzo la mano (un consiglio sincero: non fatelo mai!) e chiedo chiarimenti sul famoso questionario INVALSI. Peccato che davanti a me sono schierati quelli che poi diventeranno i miei amici della Manif di Bolzano. “Puoi fermarti cinque minuti e lasciare la tua mail?” Ecco, da quel momento inizia la mia “buona battaglia” a Bolzano con loro, poi un primo articolo su “Tempi”, lo speciale “Utero in affitto” su Provita e la collaborazione con il quotidiano “La Croce”, fino all’apertura dell’omonimo circolo in città. Ovviamente la ciliegina sulla torta non poteva che essere il Family Day, a cui ho partecipato con l’intera famiglia. Non dimenticherò mai l’emozione di quel giorno: tutti a guardarsi intorno per incrociare lo sguardo di quei volti virtuali, con i quali si è fatto “rete” in città diverse e che adesso sono persone che puoi riconoscere e abbracciare (ho scoperto che la maggior parte delle immagini del profilo sono fuorvianti, però!). A questo punto molti di voi staranno pensando che la candidatura fosse una cosa ormai automatica. E invece no perché, purtroppo, il tempo nel nostro caso è tiranno: il 2 marzo nasce il Popolo della Famiglia, in Italia si vota a giugno ma a Bolzano l’8 maggio e la formazione della lista in tempi brevissimi (entro il 7 aprile), rende impossibile ogni tentativo. L’argomento per me è chiuso. Ma l’ultima coincidenza (a cui poi mi sono arresa) mi fa desistere dal percorrere una strada diversa da quella che sembra tracciata. La sera del 10 marzo mi contatta su facebook Marco da Trento, della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (i mormoni) per dirmi che sarebbe stato alla convention di Roma del Popolo della Famiglia dell’indomani e cercava un passaggio per il ritorno. Rispondo che non ci vado perché non sono una candidata e poi mio marito è fuori Bolzano, ma lo avrei aiutato tra i miei contatti. Quasi contemporaneamente arriva un messaggio: “Sono per strada, ho visto tutti i clienti. Prepara la cena”. Il messaggio era chiaro (non quello di mio marito), quindi preparo la borsa. Chiamo Marco e prendiamo accordi sul viaggio del giorno dopo: con la mia macchina da Bolzano a Verona, dove ci aspetta un passaggio con bla bla car fino a Roma. Il ritorno non si sa. La mattina dopo, alle cinque, sono in macchina, raggiungo Marco e, a Verona, incontriamo i passeggeri che avrebbero diviso il viaggio con noi fino a Roma. Presentazioni e convenevoli vari e ad un certo punto uno dei due, Antonio da Mantova, mi guarda e….“Stai andando da Adinolfi?”. Roma ci saluta con un sole splendido. Arrivati al Palazzetto delle Carte Geografiche incontro amici già conosciuti al Family Day ed altri con i quali ci si guarda prima in lontananza per poi condividere un abbraccio lungo e commosso che dice tante cose. La mia candidatura è nata lì in quel preciso momento: sento che il tempo è scaduto, la faccia va messa ora, non tra sei mesi o due anni. Niente strategie, niente contorsionismi. Il Popolo della Famiglia è adesso. Tornata a Bolzano l’ostacolo principale è che da soli oggettivamente non si può andare. Chiedo aiuto a Maria Teresa, candidata nella coalizione Alleanza per Bolzano, con grandissima esperienza politica, che mi da una mano ma io non ho persone da portare in lista, mi muovo in solitudine. Questo ostacolo sembra insormontabile. Tornata a casa, mi chiama il candidato sindaco Giorgio Holzmann, che sa del mio interesse alla candidatura e mi offre un posto in lista. Non amo fare perdere tempo alla gente e chiarisco subito che senza il simbolo del Popolo della Famiglia non vado da nessuna parte. Con una generosità che mi ha sinceramente stupita, mi propone di reinserire tutti gli altri simboli (che avevano già rinunciato alla loro visibilità), posizionando il nostro al centro, perché, come dirà dopo, quello è il posto della famiglia in politica. Chiamo Giacomo e Roberto: sono con me! E poi tanti altri, timidi, che non amano essere citati ma si riconoscono nelle mie parole. È così che siamo partiti e in pochissimi giorni cresciuti. Dentro di me però cova una profonda inquietudine: mio padre si aggrava di giorno in giorno e voglio passare più tempo possibile con lui. Ma Reggio Calabria dista 1380 chilometri e, quando a Pasqua lo abbraccio e saluto, mentre lui mi chiede se avrebbe superato la malattia per tornare con me a Bolzano, sia io che lui sappiamo che quello sarebbe stato l’ultimo saluto terreno. Il Signore ha chiamato a sé mio padre la mattina del 15 aprile, lo stesso giorno in cui, insieme al Segretario del Popolo della Famiglia Gianfranco Amato, avrei dovuto presentare la mia candidatura alla città. Quel giorno che non dimenticherò mai, ho visto persone da diverse città d’Italia venire in mio aiuto per consentirmi di raggiungere mio padre: azione e preghiera hanno accompagnato me e la mia famiglia in quei momenti dolorosi e questo popolo affettuoso e orante ha alleggerito il nostro dolore. Adesso il mio alleato d’eccezione, il mio più grande sostenitore, mio padre, è vicino a me. Con il suo corpo malato non avrebbe potuto farlo. La domanda iniziale era: come va la campagna elettorale a Bolzano? Miracolosa! Eravamo in pochi ed oggi sono circondata da un gruppo di persone splendide, che spendono con generosità e spirito di servizio tempo ed energie perché credono nel Popolo della Famiglia e nell’assoluta novità di ciò che intende realizzare, superano i conflitti e vanno avanti nell’unità. Sono fiera di loro e mi ritengo fortunata ad averli come amici. Con loro, indipendentemente dal risultato elettorale, stiamo lanciando un modo tutto nuovo di intendere i rapporti tra cittadino e rappresentanti, all’insegna del puro e autentico servizio. Il Popolo della Famiglia ha bisogno di Bolzano per crescere, ma è ancora di più Bolzano ad avere bisogno del Popolo della Famiglia. Durante questa campagna elettorale ho percepito che in molti quartieri manca il senso di appartenere alla comunità. In tante persone questo provoca dolore autentico. C’è voglia di comunicare, ma paura di non essere compresi. Lavoriamo per questo e con chi intende superare le divisioni partendo dalla quotidianità. Ripartiamo dalla famiglia, perché qualsiasi decisione assunta a livello politico ha delle ricadute dirette e indirette su ciascuno di noi. E noi siamo famiglia. Anche sulle materie che non sono di stretta competenza comunale (penso all’aumento delle tariffe degli asili minacciato dalla Provincia) possiamo esercitare un’azione di protesta e cambiare le cose o contribuire a farlo. A Bolzano, votando me e i candidati che si riconoscono nel Popolo della Famiglia, consentirete a questo germoglio di fiorire. Ma chi mi vota da oggi sa come sono arrivata sin qui: un viaggio iniziato quando razionalmente ho deciso di aprire la porta del mio cuore alla fede in Gesù Cristo.

© http://www.lacrocequotidiano.it/ - 28 aprile 2016

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